Da 4 giorni si combatte nella regione del Tigrè, in Etiopia, dove il governo centrale sta attaccando le milizie autonomiste del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigrè. Dopo che il governo regionale ha dichiarato di non riconoscere più l’autorità del governo centrale di Addis Abeba, il primo ministro etiope, Abiy Ahmed, ha inviato l’esercito e l’aviazione nella regione ribelle per distruggere tutte le infrastrutture militari a disposizione dei miliziani. Secondo un rapporto Onu, nonostante i bombardamenti dell’esercito etiope, le milizie del Tigrè stanno avanzando e avrebbero conquistato la base militare di Mekele, uno dei maggiori depositi di armi del Paese africano. Ipotesi rafforzata anche dal fatto che il premier etiope abbia destituito questa mattina il capo dell’esercito. Per ora si ha notizia certa di otto morti e un centinaio di feriti tra i soldati governativi, ma potrebbero essere numeri ampiamente sottostimati.
Il Tigrè ospita il 6% della popolazione di un Paese con oltre 110 milioni di abitanti ed è uno dei 10 stati federati, delimitati per base etnica, che costituiscono l’Etiopia. In base alla Costituzione del 1995 gli stati federali godono di ampia autonomia, potendo contare anche su un proprio esercito e, formalmente, del diritto alla secessione. Da quando, nel 2018, Abiy Ahmed è salito al potere è iniziato un tentativo di ridimensionare i poteri regionali. A far salire la tensione sono state prima le elezioni di settembre (il cui esito non è stato riconosciuto dal Fronte di Liberazione) poi la decisione del governo centrale di tagliare i fondi al Tigrè, che ha definito l’iniziativa “un atto di guerra” e ha annunciato di non riconoscere più l’autorità del governo centrale. il Tigrè può contare su 250 mila soldati e ingenti armamenti.