Si è conclusa dopo 60 giorni di combattimenti la guerra tra Armenia e Azerbaigian per il controllo della regione contesa del Nagorno-Karabakh, i due contendenti hanno firmato un cessate il fuoco totale ieri sera a Mosca, al cospetto del presidente russo Putin. L’accordo, di fatto, è una capitolazione dell’Armenia e sancisce la vittoria militare dell’Azerbaigian, che potrà tenere i territori conquistati sul campo. L’esercito azero, sostenuto e armato dalla Turchia, aveva già conquistato la seconda città della regione – Shushi – ed era alle porte della capitale Stepanakert. La pace sarà “assicurata” dalla presenza di una forza militare di interposizione russa, già entrata a Stepanakert, e probabilmente anche da militari turchi.
Il Nagorno-Karabakh è una regione dell’Azerbaigian – abitata al 90% da armeni – ma fino all’inizio della guerra era l’Armenia a controllarne di fatto il territorio, che aveva conquistato nel conflitto seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Il nuovo accordo di pace ribalta la situazione e riporta la regione sotto il controllo azero, con le truppe armene che hanno solo pochi giorni per ritirarsi. Dopo la firma dell’accordo, migliaia di cittadini armeni si sono riuniti per protesta fuori dal palazzo del governo armeno, a Erevan, un centinaio di loro ha fatto irruzione danneggiando inferociti hanno fatto irruzione nella sede del governo armeno, a Erevan occupando l’aula. Lo stesso premier armeno, Nikol Pashinyan, ha ammesso che si è trattato di un “accordo estremamente doloroso”, mentre l’omolozo azero, Ilham Aliyev, si è presentato esultante di Tv parlando di un accordo che rappresenta una capitolazione totale degli armeni. Oltre gli eserciti e gli interessi geopolitici ora restano sul campo quasi 150mila persone, gli abitanti del Nagorno-Karabakh, nella quasi totalità armeni che temono di dover partire profughi.