Il WWF non è ritenuto direttamente responsabile delle violazioni dei diritti umani perpetrate nei parchi protetti del Bacino del Congo, in India e in Nepal, ma ne era a conoscenza e non ha fatto nulla per fermarle. Lo afferma un rapporto commissionato dallo stesso WWF per indagare sulle accuse rivolte all’organizzazione. I ranger delle aree protette, sostenuti dal WWF, sono stati accusati di aver commesso abusi violenti: assassini, stupri, torture, pestaggi, arresti e detenzioni arbitrarie, invasione di case, distruzioni e furto di proprietà personali. Il rapporto mostra come l’applicazione delle politiche sociali del WWF e dei suoi impegni verso i diritti umani sia stata inconsistente: nonostante fosse a conoscenza delle violenze, il WWF ha continuato a finanziare le ecoguardie.
Il rapporto – che il WWF ha affidato a profili terzi, presieduti dall’ex alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay – era stato commissionato nel 2019, in seguito alle inchieste del quotidiano online BuzzFeed, che aveva confermato le denunce delle fondazioni Rainforest Foundation e Survival International. Le inchieste avevano rivelato che i ranger sostenuti dal WWF in Congo si erano macchiati di stupri di gruppo di donne incinte, un omicidio e vari casi di torture. Inoltre, il WWF aveva cercato di nascondere l’indagine sulle atrocità, chiedendo ai suoi partner di trattare i risultati in “modo non pubblico”.