Di recente Amnesty International ha accusato Facebook e YouTube di sottostare al potere dei regimi autoritari. Le due piattaforme sarebbero incriminate di mostrarsi complici della repressione da parte dello Stato vietnamita nei confronti della popolazione. Il Vietnam è un mercato redditizio sia per Facebook che per Google. Nel 2018, il reddito di Facebook dal paese è stato di quasi 1 miliardo di dollari, circa un terzo di tutte le entrate dal sud-est asiatico. È nel loro interesse, quindi, conservare un certo tipo di rapporto con le forze che lo governano. Allo stesso modo Google ha guadagnato 475 milioni di dollari grazie alla pubblicità su YouTube. Nella prima metà del 2020, Facebook ha operato 834 restrizioni contenuti. Un aumento significativo rispetto ai sei mesi precedenti. Secondo Amnesty, ciò è dovuto agli sforzi dell’autorità vietnamita per mettere a tacere qualsiasi tipo di dissenso.
Un atteggiamento di questo tipo potrebbe avere ripercussioni globali: altri governi repressivi potrebbero adottare strategie simili. Come nel caso della Thailandia. Qui, negli ultimi mesi, Facebook ha accolto le richieste del governo di bloccare l’accesso alla piattaforma a un gruppo popolare di 1 milione di membri che aveva criticato la monarchia. Nonostante le importanti riforme economiche in Vietnam, il partito al governo mantiene una stretta presa sui media, collocando il paese al 175esimo posto su 180 nell’indice della libertà di stampa mondiale.