La pandemia, tra i vari settori colpiti, ha messo in ginocchio anche quello dell’abbigliamento. Non si tratta solo di negozi chiusi e capi invenduti. In paesi come Myanmar, India, Indonesia, Lesotho, Haiti, Etiopia, El Salvador, Cambogia e Bangladesh, quasi l’80% dei lavoratori, è sull’orlo della povertà. Molti di loro confezionavano vestiti per grandi marchi mondiali e, adesso che la produzione è in crisi, le famiglie si ritrovano a dover combattere con la fame. Lo conferma uno studio condotto dal Worker Rights Consortium, organizzazione che monitora i diritti dei lavoratori dell’abbigliamento. Stando ai dati, i marchi di moda hanno annullato 15 miliardi di dollari di ordini da quando hanno chiuso i negozi. Inevitabilmente, le conseguenze ricadono sui lavoratori, gli stessi che hanno subito un calo degli stipendi del 21% circa.
Molti di loro non sono nemmeno in grado di far fronte alle spese necessarie al sostentamento della propria famiglia. Infatti, il 75% ha dichiarato di aver richiesto dei prestiti o di essersi comunque indebitato con qualcuno. Questo perché, se le poche fabbriche aperte riducono gli stipendi, quelle chiuse si rifiutano di pagare comunque i propri dipendenti, portando a licenziamenti di massa. Solo in Italia le aziende della moda- riferisce Confindustria – hanno registrato negli ultimi tre mesi un calo del fatturato di circa -27,5% rispetto al 2019. La perdita totale si stima attorno ai 29 miliardi di euro.