Si intensificano le proteste popolari nel Kurdistan iracheno contro la classe politica e il governo autonomo della regione. Le manifestazioni – cominciate a causa del ritardo nei pagamenti degli stipendi pubblici – sono state particolarmente accese nelle città di Suleimaniya e Piramagrun, dove i manifestanti hanno preso d’assalto le sedi dei partiti al governo anche con il lancio di bombe molotov. La polizia è intervenuta in tenuta anti-sommossa, sparando anche pallottole di gomma. Mentre le autorità curdo-irachene hanno ordinato la chiusura dei media vicini al movimento di protesta.
Da ormai un anno l’Iraq è al centro di frequenti manifestazioni di massa, le cui richieste principali sono: le dimissioni del governo, del Parlamento e del capo di Stato, nuove elezioni anticipate sotto l’egida delle Nazioni Unite, una nuova legge elettorale e l’istituzione di un tribunale speciale per i casi di corruzione. Dal 17 marzo, le proteste si erano interrotte a causa della diffusione del Covid-19. Nonostante ciò, la popolazione ha continuato a esprimere il suo malcontento con sporadici episodi dal 10 maggio, giorno dell’elezione del primo ministro al-Kadhimi definito frutto della divisione del potere su base etnico-confessionale. I manifestanti hanno anche chiesto punizioni per coloro che hanno “ucciso, rapito, torturato e arrestato attivisti” nel corso degli ultimi mesi. Secondo un report della Missione dell’Onu in Iraq risalente a maggio, sono state documentate 800 vittime e 23 000 feriti.