Secondo il consueto rapporto di Legambiente, oltre la metà dei 5.835 campioni analizzati di frutta e verdura presenta residui di pesticidi. Preoccupano le percentuali nei campioni di frutta: più del 70% ha almeno un residuo di prodotti fitosanitari. Con quantità di residui superiori alle soglie fissate dalla normativa vigente, emerge però che solo l’1,2% dei campioni è fuori legge. I segnali non sono comunque rassicuranti. Il 46,8% dei campioni considerati regolari presenta, infatti, uno o più residui di pesticidi. L’89% dell’uva da tavola, l’86% delle pere, l’83,5% delle pesche e il 76% delle mele sono campioni regolari con almeno un residuo. Per la verdura, se da un lato si registra un incoraggiante 64% di campioni senza alcun residuo, dall’altro preoccupano le significative percentuali di irregolarità in alcuni prodotti, come i peperoni, in cui si registra l’8% di irregolarità, il 6% negli ortaggi da fusto e oltre il 4% nei legumi. Tra i campioni esteri, la Cina presenta il tasso di irregolarità maggiore (38%), seguita da Turchia (23%) e Argentina (15%).
Molti prodotti fitosanitari sono stati classificati come cancerogeni o probabili cancerogeni per l’uomo ma a farne le spese maggiori è, ancora una volta, l’ambiente. Nonostante l’impegno nell’incrementare le produzioni biologiche e nel diminuire l’impiego di pesticidi – si legge nel report – nel 2018 l’Italia si riconferma terza potenza europea per maggior impiego di prodotti fitosanitari, preceduta da Francia e Spagna.