A Mostar – città della Bosnia-Erzegovina simbolo del conflitto nei Balcani degli anni Novanta – si sono tenute le prime elezioni comunali dopo 12 anni. La città è rimasta a lungo senza un consiglio comunale a causa della rivalità tra i due principali partiti etnici: il Partito d’azione democratica (SDA), che rappresenta i musulmani bosniaci, e l’Unione democratica croata (HDZ). I partiti nazionalisti bosniaco e croato non sono stati in grado di concordare le regole elettorali. La controversia è stata risolta grazie a una causa intentata contro la Bosnia da Irma Baralija, un’insegnante di filosofia che nel 2019 si è rivolta alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ottenendo il ritorno alle urne. Baralija si è candidata per un partito multietnico. I risultati preliminari delle elezioni hanno mostrato che la maggior parte dei voti sono diretti ai partiti etnici, con HDZ in testa.
La città di Mostar diventò simbolo del conflitto in Bosnia quando il suo famoso ponte di pietra fu distrutto dall’artiglieria croata. Il ponte è stato ricostruito all’inizio degli anni Duemila, ma la città rimane etnicamente divisa: il lato ovest è popolato principalmente da croati e il lato est da bosniaci musulmani. Le elezioni amministrative si sono tenute domenica, poco dopo il 25° anniversario dell’Accordo di Dayton, che pose fine al conflitto in Bosnia. Sebbene siano passati anni, il Paese sta ancora cercando di superare gli strascichi del conflitto.