Il conflitto nella regione etiope del Tigrè ha visto la partecipazione di forze eritree al fianco dell’esercito governativo e ha provocato numerose vittime civili con probabili abusi del diritto internazionale. Un’ipotesi che si fa largo nonostante le smentite dei governi coinvolti. Diversi rapporti, citati da un articolo del Guardian, riportano testimonianze che parlano di civili “macellati come polli” e i loro cadaveri abbandonati per essere “mangiati dalle iene”. A questo si aggiungono saccheggi e atti di vandalismo. Si pensa che migliaia di persone siano state uccise, tra cui civili, e quasi 50.000 persone siano fuggite in Sudan.
Il dubbio c’era dall’inizio e testimoni oculari, ora, confermano i sospetti. Molteplici rapporti parlano di uccisioni, saccheggi e rimpatrio forzato dei rifugiati da parte dei militari, anche se l’Eritrea continua a smentire. Mentre vacilla evidentemente anche la versione del governo etiope guidato dal premier Abiy Ahmed che, proclamando la vittoria il 29 novembre scorso, aveva assicurato che durante l’offensiva non erano stati colpiti civili. Anche i rifugiati in viaggio verso il Sudan hanno confermato, dicendo ai giornalisti e agli operatori umanitari che gli attacchi che hanno colpito le città del Tigrè occidentale provenivano dall’Eritrea. I funzionari etiopi, nel frattempo, hanno accusato i ribelli tigrè di fabbricare false uniformi eritree per “incastrare” i loro vicini e insistono sul fatto che il conflitto rimane un affare esclusivamente interno.