A 34 anni dal disastro di Chernobyl, il grano cresciuto nelle immediate vicinanze della centrale nucleare risulta ancora contaminato. Lo rivela un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Environment International e condotto dai Greenpeace Research Laboratories dell’Università dell’Exeter. Alcuni isotopi radioattivi come lo stronzio 90 e il cesio 137 sono ancora sopra le soglie considerate sicure. Quello di Chernobyl è stato l’incidente più grave nella storia delle centrali nucleari, tanto da rendere necessaria l’evacuazione di una vasta area tra Ucraina e Bielorussia, tutt’oggi disabitata.
I ricercatori, con la collaborazione dell’Ukrainian Institute of Agricultural Radiology, hanno analizzato 116 campioni di cereali, raccolti tra il 2011 e il 2019. Tutti sono stati prelevati da campi distanti circa 50 chilometri dall’impianto nucleare, fuori dalla “zona di alienazione” (dove è ancora vietato risiedere). Dall’analisi è risultato come quasi tutti i cereali dell’area vedano livelli di contaminazione più elevati rispetto a quelli ammessi dalla legge. Il grano, in particolare, presenta elevate concentrazioni di stronzio 90 e cesio 137. Non è però tutto. Circa il 48% dei vegetali dell’area, presenta livelli 25 volte superiori i limiti di legge consentiti; così come il legname naturale presente nei boschi.
Gli scienziati hanno richiesto al governo di monitorare costantemente la centrale, poiché gli isotopi rinvenuti sono causa di preoccupazione e necessitano una valutazione dei loro effetti, considerati ad oggi ancora sconosciuti.