Il governo indiano ha arrestato circa 75 tra leader politici e attivisti del Kashmir. La decisione è arrivata dopo che un’alleanza di partiti contrari al Governo centrale ha vinto la maggioranza dei seggi (112 dei 280 totali) nelle ultime elezioni regionali nello Stato di Jammu e Kashmir. Il voto si è tenuto dal 28 novembre al 19 dicembre e ha coinvolto più del 50% degli aventi diritto. È stato il primo a livello locale dopo che il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha revocato lo status speciale della regione, a maggioranza musulmana, il 5 agosto 2019.
Da quel momento, Nuova Delhi ha esercitato un forte controllo sul Kashmir, arrestandone la maggior parte degli oppositori e attivisti. L’India ha motivato la repressione affermando che si tratterebbe di una manovra per garantire lo sviluppo economico della regione. Solo così sarebbe possibile reintegrarla al resto del Paese. Invece, per i leader locali, la detenzione degli attivisti mira a reprimere il verdetto delle urne. I politici del Kashmir rimarcano che i risultati ottenuti alle elezioni mostrano chiaramente che il popolo del Kashmir non è d’accordo con la decisione di Modi presa il 5 agosto.
I ribelli combattono contro il dominio indiano dal 1989, soprattutto da quando Nuova Delhi ha annullato la costituzione del Kashmir, ha diviso l’area in due territori federali, ha fatto perdere molti posti di lavoro e ha rimosso le protezioni ereditarie vigenti sulle terre.