Per i migranti bloccati in Bosnia la situazione continua a peggiorare. Soprattutto da quando, il 23 dicembre si è verificata la chiusura del Lipa, un campo di tende sopra l’altopiano gestito dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Circa 900 persone sono rimaste accampate nei resti di questo campo, sotto la neve, senza un riparo, senza acqua né cibo, prima che gli ex ospiti, in segno di protesta per la chiusura, dessero alle fiamme la gran parte del campo.
Il loro previsto trasferimento nell’altro campo nel centro abitato di Bihac non è ancora avvenuto, soprattutto a causa della forte opposizione della popolazione locale. La polizia, infatti, presidia tutta la zona per controllare che le persone non provino ad andare proprio verso la città di Bihać. La Croce Rossa, che opera sul posto insieme ad alcune organizzazioni locali (sono gli unici autorizzati a farlo), portano loro del cibo una volta al giorno. Sono pasti non cucinati, quindi freddi, che non aiutano a scaldarsi.
Nel 2018, quando è iniziata la migrazione, la rotta balcanica si è spostata verso la Bosnia. Sin dall’inizio, il paese è stato considerato come incapace di gestire situazioni di questa portata. L’assetto politico amministrativo della Bosnia Erzegovina è caratterizzato da forti rallentamenti burocratici e continue dispute tra le istituzioni. Difatti è stata sempre tenuta sotto controllo dall’ Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.