Le attività umane stanno portando gli animali a un’estinzione mille volte più veloce di quanto considerato normale. Una pubblicazione nel Proceedings of the National Academy of Science adotta una nuova prospettiva sul fenomeno di impoverimento del pianeta, sottolineando come l’estinzione dei mammiferi terrestri comprometta la biodiversità filogenetica e funzionale, oltre che la loro mera riduzione numerica. Due dimensioni spesso trascurate in relazione alla ricchezza della specie, come afferma Jedediah Brodie, primo autore dello studio: le conseguenze dell’estinzione di una specie sono infatti imprevedibili perché diverse sono le ripercussioni sull’intero ecosistema. Immaginiamo una ventina di animali da pascolo di cui solo due si nutrono di semi: se è un paio qualsiasi ad estinguersi, l’impatto sarà mitigato dalla presenza delle altre 18 specie; scenario opposto se scompaiono le ultime due, poiché la diversità funzionale risulterebbe gravemente compromessa. Brodie sottolinea come il declino della biodiversità filogenetica sia proporzionale all’incremento dell’attività umana: caccia e bracconaggio l’avviliscono con più violenza di quanto non farebbe un’estinzione casuale.
Descrivendo i livelli della biodiversità funzionale e filogenetica nei singoli Paesi, la ricerca mira altresì a fornire valide linee guida per la politica nazionale da adottare: Paesi come Indonesia, Argentina e Venezuela, primi per impoverimento della biodiversità, dovrebbero ad esempio dare la priorità alla creazione di aree protette e a un migliore uso del suolo, posticipando ad secondo momento l’adozione di diverse tecniche agroalimentari.