Durante la notte di ieri, per la prima volta dopo 6 anni, è stato pubblicato dalla Sogin (società di Stato responsabile dello smantellamento) l’elenco delle aree italiane che potranno ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, finalmente. Si tratta di 67 zone che soddisfano 25 criteri stabiliti 5 anni fa e riportati nella CNAPI, la carta delle aree potenzialmente idonee. Secondo programma, il deposito dovrà essere avviato entro il 2025.
Ora, con il via libera del ministero dello Sviluppo economico e quello Ambientale, è ufficialmente ripartito l’iter per la consultazione pubblica che porterà a un lungo percorso per l’individuazione dell’area in cui verrà realizzato il deposito nazionale. Quest’ultimo, inizialmente, dovrà contenere 78.000 metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità e successivamente anche 17.000 metri cubi ad alta attività (per massimo 50 anni). Il Deposito, affiancato da un parco tecnologico, dovrà garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi per più di 300 anni. L’investimento previsto è di 1,5 miliardi di euro sul Comune che darà la disponibilità, ma per ora i ‘no’ si moltiplicano.
Al momento, l’Italia, paga Francia ed Inghilterra per smaltire le scorie nucleari che nel corso degli anni sono state inviate all’estero. Tuttavia, entro il 2025 ne è previsto il rientro e per allora dovrà essere completato il Deposito. L’Italia avrebbe dovuto recepire le direttive nel 2013 e notificare i piani nazionali entro il 2015 (direttiva 2011/70 Euratom).