Il 7 gennaio, il governo Usa ha minacciato di ritorsione l’Italia, l’India e la Turchia, accusate di aver violato i principi fiscali internazionali. Le tasse digitali approvate da questi ultimi, rischiano di colpire colossi statunitensi come Google, Facebook, Apple e Amazon. L’ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (Ustr) ha dichiarato di non aver deciso azioni specifiche al momento, ma che “continuerà a valutare tutte le opzioni disponibili”. Nell’ultimo rapporto, le tasse indiane, italiane e turche sono state definite “irragionevoli” perché “incoerenti con i principi di tassazione internazionale“.
L’Italia anziché procedere con una web tax nazionale preferirebbe adottare la web tax globale elaborata dall’Ocse. Tale imposta è stata introdotta della Legge di Bilancio 2019 e prevede una tassazione del 3% sui ricavi derivanti dai servizi forniti con mezzi digitali a clienti da società, stabilite o non in Italia, che in un periodo d’imposta generino almeno 750 milioni di euro di ricavi nel mondo o 5,5 milioni di euro di ricavi in Italia. I ricavi dei servizi digitali, ai quali si applica l’imposta, sono quelli derivanti dalla prestazione di: trasmissione di pubblicità mirata agli utenti; predisposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consenta agli utenti di interagire tra loro al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; trasmissione dei dati raccolti dagli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.