Continua la repressione dello Stato cileno nei confronti del popolo Mapuche, indigeni che attualmente vivono divisi fra Cile e Argentina. L’ennesimo attacco è avvenuto nel giorno della lettura della sentenza per l’omicidio di Camilo Catrillanca, ucciso nel 2018. Lo stato cileno ha autorizzato e realizzato una grande operazione di polizia nei territori mapuche di Ercilla, con almeno 800 uomini, provocando diversi feriti e arresti tra gli indigeni. Tra questi anche la madre e la vedova dello stesso Catrillanca. Ogni volta che il caso sull’assassinio del giovane mapuche avanza, le forze di polizia organizzano dei veri e propri rastrellamenti nelle comunità, distogliendo l’attenzione sul caso.
Camilo Catrillanca fu ucciso il 14 novembre 2018 da un colpo sparato alle spalle che lo raggiunse alla testa mentre era in compagnia di un amico nei pressi della comunità in cui viveva. Dopo l’uccisione, anche l’amico subì violente percosse. Secondo un report del CIPER (centro investigativo), Camilo era nel mirino della polizia per essere figlio e nipote di riconosciuti leader indigeni locali. Da quel momento Catrillanca è diventato uno dei simboli della lotta indigena. Dopo la sua morte, in Cile si diffuse un sentimento di grande indignazione e in altre città, anche al di fuori del paese, vennero organizzate manifestazioni in sostegno alla lotta dei Mapuche. Durante i cortei i manifestanti esibivano, oltre alla bandiera Mapuche, dei cartelli col volto di Catrillanca.