Alle ripercussioni del turismo sul piccolo Stato di Goa, in India, si è sommata la minaccia del carbone che ora il Paese si trova ad affrontare. Un progetto del governo centrale indiano prevede infatti il raddoppio della linea ferroviaria, la costruzione di un’autostrada a quattro corsie e quella di una centrale elettrica per fare di Goa un hub del carbone. Tra le conseguenze di questo piano turistico-economico, la scomparsa di 378 ettari di foresta e l’abbattimento di 40.000 alberi. I tre progetti intaccherebbero il Parco nazionale di Mollem, con il santuario naturale di Bhagwan Mahaveer e le cascate di Dudhsagar. Ad essere interessato è uno degli otto centri mondiali per la biodiversità dell’Unesco, un’area protetta di 240 km².
Il progetto, nonostante sia pianificato in nome dell’interesse pubblico e di Goa, è di fatto imposto dal governo federale di Nuova Delhi senza alcuna consultazione pubblica. Per questo all’ultima protesta hanno partecipato oltre 8.000 persone. Il piano fa parte del disegno del governo conservatore di Narendra Modi, accusato di approfittare della pandemia per annacquare le normative ambientali. Nel complesso, la perdita in termini di vegetazione ammonterebbe ad almeno 37.000 esemplari.
A tutto questo si oppongono i movimenti ambientalisti. Una lettera di protesta indirizzata al ministro dell’Ambiente è stata firmata da oltre 100 tra ricercatori, attivisti e membri di vari istituti come il National Board for Wildlife, il Project Tiger e il Forest Advisory Committee.