La proteina che protegge l’organismo contro le polveri sottili (PM2.5), è la stessa che favorisce l’azione dannosa del Covid-19. Lo afferma lo studio di Mauro Minelli, immunologo e professore di immunologia clinica nell’Università di studi Europei J.Monnet, con la dottoressa Antonella Mattei, ricercatrice di Statistica Medica. Stando a quanto affermano, non è il generale inquinamento atmosferico la causa dell’elevata incidenza del virus, ma l’esposizione delle persone al PM2.5. Quest’ultimo è un mix di polveri sottili prodotte da varie sorgenti, con particelle dal diametro inferiore o uguale a 2,5 micron.
Lo studio di Minelli e Mattei ha approfondito il legame tra i tassi d’incidenza Covid-19 e due inquinanti ambientali: PM2.5 e biossido d’azoto (NO2). Questi tassi sono correlati a due ulteriori fattori: l’indice di vecchiaia e la densità di popolazione. “L’esposizione” afferma Minelli “aumenta il tasso d’incidenza del coronavirus di 2,79 ammalati ogni 10.000 persone, se la concentrazione di PM2.5 aumenta di un microgrammo per metro cubo d’aria; e di 1,24 ammalati per 10.000 persone se la concentrazione di NO2 aumenta nello stesso modo”.
Lo studio, quindi, mira ad evidenziare come l’emergenza sanitaria sia connessa a una specifica “dinamica ecologica”. Il nostro organismo, infatti, quando è esposto al PM2.5 sviluppa una proteina chiamata “ACE2” per difendersi, ma è proprio questa a diventare una trappola e a farci ammalare.
La tesi spiegherebbe l’elevato tasso di incidenza/mortalità da Covid-19 del nord Italia rispetto al centro-sud.