Un anno terribile per il polmone verde del nostro pianeta che, nel 2020, ha visto scomparire quasi 8.500 Km2 di foresta, per rendere l’idea un’area grande oltre sei volte Roma. Causa dei disboscamenti illegali praticati dai taglialegna e anche delle politiche del presidente Jair Bolsonaro, che attraverso l’Amazzonia vorrebbe ora costruirci anche un’autostrada. Azioni che hanno aggravato ulteriormente la situazione della foresta Amazzonica, aggravatasi negli ultimi anni. Stando ai dati raccolti dall’Inpe (Istituto Nazionale delle Investigazioni Spaziali) che dal 2015, con il programma di monitoraggio DETER, controlla lo stato dell’Amazzonia tramite immagini satellitari, per la foresta il 2020 è stato il secondo anno peggiore di sempre, appena sotto i 9.178 km2 persi nel 2019
L’Inpe è un’agenzia brasiliana che si occupa del controllo dell’ambiente e del clima, non ancora sotto il monopolio del Presidente. Bolsonaro infatti, fa ampio uso di militari, uomini di fiducia che mette a capo dei ministeri e delle agenzie principali – a detta sua un antidoto contro il disboscamento illegale – ma che in realtà, come denunciato da molte ONG locali e organizzazioni internazionali, invece di frenare le attività dannose a scapito della foresta amazzonica, pensano principalmente ad intimidire gli attivisti. Infatti, l’Osservatorio brasiliano sul clima, ha dichiarato un incremento della distruzione della foresta amazzonica dell’81% da quando Bolsonaro è diventato presidente e ha autorizzato lo svolgimento di attività minerarie e lo sfruttamento del legno all’interno dell’Amazzonia.