Durante la pandemia, i ristoranti hanno puntato praticamente tutto sul servizio d’asporto, affidandosi spesso a terzi (Glovo, Deliveroo e Uber). Enzo Ferrieri presidente di Ubri, l’unione dei brand della Ristorazione Italiana, lancia una dura accusa proprio nei confronti di queste aziende e dei loro eccessivi costi. Il modello che oggi il delivery propone non sarebbe più sostenibile. Perché? Prima della pandemia, l’asporto costituiva circa il 20% dei ricavi di un’azienda. Con il lockdown, invece, la percentuale è schizzata in alto, fino a rappresentare il 100% del fatturato di un ristorante, ad esempio. Ma i costi, anziché diminuire, sono aumentati. Ferrieri sostiene che in piena pandemia il peso delle commissioni versate a Deliveroo&Co è arrivato al 50% del fatturato complessivo: sommando il costo del lavoro, le materie prime e gli ammortamenti, la marginalità per gli imprenditori è stata di fatto quasi praticamente nulla. Si tratta delle stesse società multinazionali che non pagano le tasse in Italia e che applicano contratti a cottimo, contestati da dipendenti e sindacati fin dalla loro nascita. Contratti che invece i ristoratori non sono soliti fare ai propri collaboratori.
Grossi brand, tra cui anche i 50 associati di Ubri, ora rischiano di rimanere schiacciati dalla crisi. Secondo quanto riportato da Businessinsider, si tratta di aziende che fatturano oltre 200 milioni di euro l’anno in 400 locali con 3.300 dipendenti. La situazione è quindi peggiore per aziende più piccole.