Nella regione del Darfur, in Sudan, alcuni gruppi etnici rivali si sono scontrati, provocando la morte di 47 persone. L’accaduto di lunedì si va ad aggiungere a quanto successo due giorni prima: oltre 80 civili sono rimasti uccisi in una serie di violenze commesse in altre parti della regione.
La notizia delle uccisioni arriva a due settimane da quando, le forze di pace delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana hanno dichiarato conclusa la propria missione nel Paese. Il 31 dicembre, UNAMID, attiva da 13 anni in Sudan, ha affermato che il governo sudanese si sarebbe assunto tutta la responsabilità di provvedere alla sicurezza della regione e di fornire ai residenti i servizi necessari. Le truppe e il personale di polizia della missione si sono impegnate nel ritiro dei propri uomini (circa 8.000), che avverrà gradualmente in 6 mesi.
Il conflitto nel Darfur si è intensificato a partire dal 2003, quando le forze governative e le milizie arabe sono state accusate di atrocità verso i ribelli. La violenza scoppiata di recente, è una delle peggiori dalla firma dell’accordo di pace tra governo e ribelli il 3 ottobre. Le ex forze ribelli si sono impegnate a deporre le armi, ma decenni di conflitto hanno lasciato la vasta regione occidentale divisa da aspre rivalità. Le questioni chiave includono ancora la proprietà della terra e l’accesso all’acqua, ad esempio. Il ritiro di UNAMID, inoltre, lascerà i civili più vulnerabili.