Dopo una guerra decennale in Libia è stato raggiunto un accordo di pace. La situazione però rimane complessa: alcune potenze straniere, giunte in Libia per intervenire sugli scontri, rifiuterebbero infatti di lasciare il Paese. Il conflitto risalente al 15 febbraio 2011 porta alla caduta del regime dittatoriale di Muammar Gheddafi, senza però realizzare una transizione democratica. Da allora imperversa una guerra civile tra le due principali forze politiche, sostenute da opposti schieramenti stranieri: da un lato il GNA di Tripoli, il governo ufficialmente riconosciuto dall’Onu e sostenuto da Italia, Qatar e Turchia; dall’altro la Camera dei Rappresentanti di Tobruk, fiancheggiata dall’Esercito Nazionale Libico (LNA) sotto il generale Khalifa Haftar e sostenute da Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Francia e Russia. Nel vertice di Bouznika le due fazioni hanno raggiunto un accordo sulle modalità di candidatura alle future posizioni sovrane: avverranno in Svizzera, sotto la vigilanza di vertici anti-corruzione.
Nella prospettiva della pacifica risoluzione, le milizie straniere sono state invitate ad abbandonare il territorio libico entro il 23 febbraio: scadenza non rispettata, poiché l’Onu rileverebbe ancora 20.000 soldati stranieri. Alcune immagini satellitari trasmesse dalla CNN mostrerebbero anzi nuove trincee riconducibili a mercenari russi in prossimità di Sirte, la città dove si era arrestato il conflitto. Un membro dell’intelligence americana ha altresì affermato che Russia e Turchia, sostenitrici rispettivamente di Haftar e del GNA, non sembrerebbero disposte ad allontanarsi.