Il 35enne italiano Luca Ventre è morto nell’Ambasciata italiana a Montevideo. Le ricostruzioni giornalistiche hanno fatto emergere delle incongruenze nel comunicato dell’Ambasciata, in particolare grazie ai video delle telecamere di sorveglianza. Il fratello dell’uomo, intervistato dal Tg3, ha detto che Ventre si sentiva «in pericolo di vita e voleva assolutamente rientrare in Italia».
Alle 7:04 del primo gennaio, Ventre arriva alle porte dell’Ambasciata, con una cartella in mano. L’edificio è chiuso per le festività, e Ventre scavalca per entrare. Qualche minuto dopo, cerca di scavalcare il cancello per uscire, ma viene fermato da due persone. Secondo una nota del Ministero degli Esteri italiano, si tratta di di una guardia privata e di «un agente della polizia uruguaiana deputato alla protezione delle sedi diplomatiche». Ventre non oppone resistenza e viene immobilizzato a terra. Alle 7:08, l’uomo della sicurezza prende la pistola del poliziotto e si allontana col telefono all’orecchio, mentre il poliziotto mette il braccio sul collo di Ventre, che tenta invano di liberarsi. Alle 7:18 Ventre smette di muoversi, ma il poliziotto continua a premere sul collo, finché si allontana anche lui alle 7:30. Alle 7:40 si apre il cancello dell’ambasciata e Ventre viene trasportato all’ospedale da altri due agenti, che danno versioni discordanti sulle condizioni dell’uomo. Dall’autopsia, il cervello presenta uno stato edematoso compatibile con la morte da asfissia.
La procura di Roma ha aperto un’inchiesta per omicidio preterintenzionale a carico di ignoti. La vicenda ha elementi poco chiari. Ad esempio, cosa ci faceva un poliziotto uruguaiano nell’Ambasciata italiana?