Sono passati 4 anni dalla firma del Memorandum di intesa fra Italia e Libia, per mano del Presidente del Consiglio dell’epoca Paolo Gentiloni e del primo ministro libico Fayez al-Sarraj. Da quel 2017 l’Italia ha speso 785 milioni di euro per il “patto” contro i migranti, impiegati per respingere almeno 50mila persone in Libia, in condizioni degradanti. 12.000 solo nel 2020. Per questo enti come Emergency, Medici Senza Frontiere e Sea-Watch hanno lanciato un appello urgente al Parlamento per chiedere la revoca immediata dell’accordo, il ripristino delle attività istituzionali di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e l’apertura di un’inchiesta sui fondi pubblici spesi.
A distanza di 4 anni il bilancio degli effetti del Memorandum fa acqua da tutte le parti. Mostra sicuramente il fallimento dalla politica italiana ed europea che impiega fondi pubblici per bloccare gli arrivi invece di tutelare la vita e la dignità umana. Quella di chi rimane intrappolato in Libia e quella di chi rischia di essere risucchiato dal mare. Della cifra totale, più di 210 milioni di euro sono stati spesi direttamente in Libia, ma in pratica hanno solo contribuito a destabilizzare ulteriormente la situazione. Molti trafficanti, infatti, hanno convertito il business della tratta di esseri umani, in industria della detenzione, tenendo in ostaggio centinaia di persone. La Libia è un paese in cui violenza e brutalità rappresentano la quotidianità per migliaia di migranti e rifugiati.