Un boom di frequenze universitarie è stato registrato al Polo penitenziario dell’Università di Cagliari, istituito per permettere ai detenuti e alle detenute degli istituti di Uta (Cagliari) e Massama (Oristano), la frequenza di corsi e seminari. Secondo quanto riportato da Maurizio Veneziano – Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria – il 5,4% dei detenuti in Sardegna frequenta corsi universitari, contro l’1,4% a livello nazionale. Un dato rilevante, considerando anche che – come confermato durante il convegno online organizzato dalla Facoltà di Studi umanistici per celebrare i 400 anni dell’Ateneo cagliaritano – la frequenza di attività di formazione, ha abbassato il tasso di recidiva. La pandemia ha poi fatto sì che, anche l’amministrazione penitenziaria adottasse collegamenti multimediali, in modo da continuare a garantire la piena partecipazione dei detenuti ai corsi universitari.
Attualmente sono 37 i poli penitenziari universitari in Italia e, nel 2020, i detenuti iscritti alle università italiane erano 920. Un vero e proprio percorso di recupero, molto impegnativo ma soddisfacente per le persone che devono scontare lunghe pene, le quali grazie a ciò, riescono a cambiare la loro prospettiva di vita. Un’attività che, proprio per questo motivo, garantisce un notevole risparmio di risorse. «Normalmente, un detenuto costa allo Stato in media 300 euro al giorno. Tutto quello che spendiamo in cultura, istruzione, lavoro – elementi premianti del trattamento penitenziario che riducono la recidiva una volta terminata la pena – garantisce un grande valore economico» ha affermato Maurizio Veneziano.