L’inquinamento derivante dalla combustione dei combustibili fossili ha causato 8,7 milioni di morti nel 2018. Lo ha stimato un recente studio pubblicato su Environmental Research. Un killer invisibile, quindi, responsabile di un decesso su cinque a livello globale. In primo luogo, i ricercatori hanno incrociato i dati sulle polveri sottili (PM2.5) con quelli relativi alle emissioni di carbonio. Questo, per ogni “cella” in cui hanno diviso il planisfero. Dopodiché, tenendo conto degli studi più recenti, hanno elaborato un nuovo modello di valutazione del rischio per la salute. Il risultato è stato che, con questo metodo, i decessi annuali stimati sono raddoppiati rispetto a quelli calcolati da studi precedenti. Una ricerca pubblicata su Lancet nel 2019, infatti, stimava in 4,2 milioni le morti annuali legate all’inquinamento da fonti fossili.
Non è un caso che i paesi con il più elevato consumo di combustibili fossili siano interessati dal più alto numero di vittime. Lo studio ha evidenziato, infatti, che più di un decesso su dieci negli Stati Uniti e in Europa è stato causato dall’inquinamento. Inoltre, più del 30% dei decessi negli adulti nell’Asia orientale è attribuibile alla combustione delle fossili. I tassi di mortalità in Sud America e Africa, d’altra parte, sono risultati significativamente inferiori. Globalmente, il bilancio delle vittime ha superato il totale dei decessi annuali legati al consumo di tabacco e alla malaria.