La pandemia avrà anche costretto il mondo a fermarsi, ma non ha certo diminuito la frequenza con cui si ripetono gli atti di violenza sulla popolazione femminile. Il lockdown si è limitato a mutarne le modalità: il numero di femminicidi si mantiene pressoché stabile ma aumentano gli atti di violenza domestica. Perché, come afferma il rapporto diffuso dalla Polizia di Stato “Questo non è amore”, il 62% degli autori di atti violenti ha le chiavi di casa. Dal rapporto emergono dei trend di certa risonanza: se il numero globale di omicidi scende dai 161 del 2019 ai 131 del 2020, le vittime di sesso femminile aumentano dalle 56 alle 59 unità. Maltrattamenti di genere, atti di stalking, violenze sessuali e percosse presentano un andamento altalenante: nei mesi di lockdown si registrano meno reati solo perché le vittime hanno maggiori difficoltà nel denunciarli, poi aumentano fino al picco di luglio, 3646 azioni. Colpisce l’aumento sul lungo periodo: le donne vittime di violenza aumentano dal 68% del 2016 all’81% del 2020.
Il rapporto rileva un’incidenza omogenea delle vittime in tutte le regioni d’Italia, Campania e Sicilia in primis. Iniqua è invece la distribuzione dei 272 centri anti–violenza, numero ben lontano dall’obiettivo previsto nella Convenzione di Istanbul (0,04 Case Rifugio attuali anziché una per 10 mila abitanti): il 68,4% è attiva nel Nord Italia e il 17,1% nel Centro del Paese. Sono dati che dimostrano l’insufficienza delle risorse finora messe in atto.