Il Tar di Lecce ha deciso: gli impianti dell’ex Ilva dovranno essere spenti entro 60 giorni. Con una sentenza notificata pochi giorni fa, i giudici hanno quindi accolto le richieste del sindaco tarantino Rinaldo Melucci. Rigettati, invece, gli appelli di ArcelorMittal, del ministero dell’Ambiente e della Prefettura di Taranto. L’azienda che gestisce l’impianto siderurgico, l’ArcelorMittal S.A per l’appunto, avrà circa due mesi di tempo per ultimare le operazioni di spegnimento degli impianti dell’area a caldo. “Situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini. Impianti vecchi – recita la sentenza – rischio che si ripetano fenomeni inquinanti”. Senza nessuna sospensione condizionale, i sei reparti, già sequestrati nel 2012 dal gip Patrizia Todisco, andranno quindi fermati. Di contro, la multinazionale ha annunciato che impugnerà l’ordinanza al Consiglio di Stato.
Il caso Ilva esplose circa dieci anni fa. Nel marzo 2011, la Corte dell’Unione Europea condannò l’Italia per infrazione della legge comunitaria, dando inizio ad una serie di inchieste e processi. Nel maggio 2017, sospetti sempre maggiori di avvelenamento da diossina portarono al processo “Ambiente svenduto” davanti la Corte d’Assise di Taranto. Nella Città dei due mari a causa della presenza dell’impianto, infatti, è stata registrata una mortalità in eccesso. A confermarlo anche il quinto report dello Studio Epidemiologico Sentieri. Aumento dei casi di tumore al polmone, mesotelioma della pleura e diverse malattie dell’apparato respiratorio, sarebbero solo alcune delle patologie legate all’inquinamento atmosferico.