160 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno in meno. È questa la quantità di emissioni che 64 paesi hanno tagliato dal 2016 al 2019. Tra questi rientrano le nazioni più ricche del Pianeta e un terzo di quelli a reddito medio. Secondo una ricerca pubblicata su Nature Climate Change, tuttavia, solo moltiplicando per dieci questa riduzione sarà possibile impedire un aumento delle temperature medie inferiore agli 1,8°C. Nei quattro anni precedenti la pandemia, paesi come il Giappone, il Messico e il Regno Unito hanno ridotto le emissioni in modo significativo. Persino la Cina, al primo posto in quanto a tonnellate di CO2 emesse, ha visto crescere le sue emissioni a un tasso minore: 0,4% l’anno, rispetto al 6,2% registrato dal 2011 al 2015. Gli Stati Uniti, invece, hanno registrato un calo dello 0,7% dal 2016 al 2019, rispetto al periodo dal 2011 al 2015. L’inquinamento dell’Unione Europea, nello stesso arco temporale, è diminuito dello 0,9%.
L’analisi non ha però tenuto conto dell’aumento di altri gas serra. Come il metano, che è più dannoso della CO2, anche se per un periodo di tempo più breve. Il pianeta è già 1,1°C più caldo rispetto ai livelli dell’era preindustriale. La pandemia da COVID-19 ha fatto precipitare le emissioni del 7% nel 2020, rispetto ai livelli dell’anno precedente. Tuttavia, poiché i vaccini e le misure igieniche consentono alle economie di riaprire, gli scienziati temono un ritorno più intenso all’uso dei combustibili fossili.