Da giorni il Senegal è attraversato da forti proteste popolari, iniziate dopo l’arresto di Ousmane Sonko, leader del movimento politico Pastef – Les Patriotes giunto terzo alle elezioni presidenziali del 2019 e considerato il principale sfidante del presidente in carica Macky Sall. Sonko, leader molto amato dai giovani, che nel suo programma chiede la fine del neocolonialismo francese, la nazionalizzazione delle ricchezze naturali del Paese e l’abolizione del sistema del Franco CFU (la moneta coloniale che la Francia ancora impone a molti paesi africani) è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale. «Accuse infondate e strumento ormai consolidato contro gli oppositori del presidente Macky Sall» secondo il suo avvocato.
Dall’inizio delle proteste, mercoledì scorso, la repressione è aumentata insieme alla partecipazione alle manifestazioni, nella capitale Dakar e non solo. Almeno 4 sono gli attivisti uccisi dalle forze dell’ordine, mentre da parte del governo aumentano i tentativi di di neutralizzarle. Una nostra fonte, attivista dell’opposizione, che in questi giorni ha partecipato alle proteste, ci ha dichiarato che «la polizia sta usando armi e sistemi che in Africa non si erano mai visti e certamente di fornitura occidentale, come elicotteri ultra moderni e sistemi per schermare il segnale degli smartphone che nei luoghi interessati dalle proteste risultano spesso inutilizzabili». Le forze di polizia e dell’esercito senegalese sono formate ancora oggi dalla Francia, che mantiene a questo scopo almeno 400 propri soldati d’istanza nel Paese.