I paesi ricchi dell’Occidente stanno contribuendo alla deforestazione globale anche se allo stesso tempo le foreste al loro interno stanno riallargandosi. Può sembrare un paradosso, ma l’enorme importazione di prodotti alimentari e di legname dai paesi del sud del mondo, costringe questi ultimi ad una deforestazione selvaggia per creare sempre maggiori spazi per le coltivazioni. Spazi che non possono essere sostituiti dalle riforestazioni in altri paesi. La differenza che ne consegue fra “deforestazione importata” e “deforestazione esportata è che i paesi ricchi causano il 12% della deforestazione globale. Inoltre le deforestazione su “commissione” si concentra su foreste tropicali primarie e autoctone (la maggior parte in Brasile e in Indonesia) spesso più produttive delle foreste temperate, cioè capaci di immagazzinare più carbonio e più ricche di biodiversità.
Mettere riparo a questa situazione è urgente ma non semplice. I paesi ricchi dovrebbero prendersi carico e aiutare i paesi più poveri ad analizzare e migliorare i sistemi di coltivazione dando supporti tecnologici, migliori sementi, concimi e tecniche innovative di produzione agricola. Potrebbe essere anche importante preservare le foreste primarie e autoctone che non sono ancora state disboscate rispetto alle foreste ricresciute che hanno perso i loro ecosistemi precedenti. Dovremmo quindi tenere presente che l’area forestale non è l’unico aspetto che conta: dove si trova quella foresta e quanto è ricca di vita è altrettanto importante.