Garanzia in beni sovrani del patrimonio nazionale, ipoteca di ambasciate, edifici e basi militarì, sono alcune delle clausole che la Pfizer ha chiesto di inserire nei contratti per la fornitura dei vaccini anti-Covid a Perù, Argentina e Brasile, allo scopo di far fronte ad eventuali richieste danni. A rivelarlo un’inchiesta condotta dall’organizzazione indipendente britannica Bureau of Investigative Journalism con la collaborazione del quotidiano peruviano Ojo Público. L’inchiesta intervista anche un funzionario che ha partecipato alle trattative per i contratti sui vaccini, definendo l’atteggiamento al tavolo dei rappresentanti della multinazionale americana «bullismo di alto livello» e raccontando come il governo si sia sentito «sotto ricatto» per poter ottenere i vaccini.
Nel caso del Perù, l’azienda Pfizer ha richiesto l’inserimento nel contratto d’acquisto di una clausola che la esonera da ogni responsabilità per possibili effetti negativi causati dal vaccino e che esclude inoltre, qualsiasi richiesta di danni dovuti a ritardi nelle consegne dei lotti esigendo che vengano attuate le necessarie norme di legge per ottemperare a tali richieste.
L’Argentina, a metà del 2020, cedendo al richieste, aveva accettato di stipulare un’assicurazione internazionale, chiesta dai negoziatori Pfizer come tutela nel caso di eventuali cause contro i vaccini. Tuttavia per la multinazionale non è stato sufficiente e in successivo round di trattative ha chiesto al governo argentino di mettere come garanzia l’ipoteca di beni sovrani, incluse banche federali, edifici di ambasciate e basi militari. Inoltre gli emissari della multinazionale pretendevano che le clausole contrattuali sollevassero la Pfizer non solo da qualsiasi responsabilità sui possibili effetti collaterali dei vaccini, ma addirittura anche su eventuali errori commessi dall’azienda stessa che potesse causare danneggiamenti, alterazioni del prodotto o di errori nelle spedizioni. Il tutto con un accordo di riservatezza. Valutando tali richieste, l’allora ministro della Salute Ginés García González, aveva dichiarato pubblicamente «Pfizer si è comportata male con l’Argentina», riferendosi al fatto che la popolazione – che ad oggi conta più 2 milioni e 300mila casi e oltre 55mila morti – era stata utilizzata per le sperimentazioni cliniche del vaccino sul quale adesso per il mancato accordo non può contare per combattere la pandemia. Le stesse richieste sono state rivolte da Pfizer al ministero della Salute del Brasile pretendendo come garanzia la costituzione di un deposito cauzionale presso un conto bancario estero. A gennaio, nonostante il numero dei contagi e dei decessi fosse fuori controllo, il Ministero ha rifiutato le richieste definendole «offensive».
Le trattative insolite e difficili nei negoziati per le condizioni di fornitura dei vaccini hanno portato a mesi di ritardo negli accordi con alcuni paesi. Argentina e Brasile non hanno accettato le vessatorie richieste e hanno deciso di rifiutare il vaccino Pfizer, scegliendo lo Sputnik russo e il vaccino della azienda farmaceutica cinese CanSino Biologics. Ad oggi si conoscono accordi della Pfizer per forniture con più di 100 organizzazioni sovranazionali e con nove paesi dell’America Latina: Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Ecuador, Messico, Panama, Uruguay e Caraibi. I termini di questi accordi rimangono ancora sconosciuti.
Non possiamo sapere se clausole di questo tipo siano state accettate anche dall’Unione Europea, per la semplice ragione che i contratti non sono stati resi pubblici e non li hanno potuti prendere in visione neppure i parlamentari europei. Solo il contratto per le forniture del vaccino AstraZeneca è stato divulgato, ma con intere pagine coperte da omissis al fine di cancellarne le parti sensibili. Mentre le altre aziende fornitrici (Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson) hanno imposto la totale riservatezza sul contenuto dei contratti.
[di Federico Mels Colloredo]