domenica 22 Dicembre 2024

Una nuova enorme diga sul Nilo mette a rischio la pace in Africa Orientale

La costruzione della diga GERD (Grand Ethiopian Renaissance Dam), ovvero «Grande Diga della Rinascita Etiope», iniziata nel 2011 e costata fino ad oggi 4,5 miliardi di dollari, invece di diventare un mezzo di cooperazione rischia di diventare una fonte di conflitto, accrescendo la rivalità principalmente tra l’Egitto e l’Etiopia e una guerra transfrontaliera tra l’Etiopia e il vicino Sudan. Sul piatto c’è il futuro del 90% dell’acqua del Nilo, uno dei fiumi più lungi al mondo con i suoi 6.852 km di lunghezza, e che attraversa 11 paesi: Uganda, Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Sudan, Egitto, Etiopia, Burundi, Ruanda e Kenya.

Il Ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukri, al consiglio di sicurezza dell’ONU ha dichiarato che la diga «potrebbe mettere in pericolo la sicurezza e la sopravvivenza stessa di un’intera nazione mettendo a repentaglio la sua fonte di sostentamento». Si stima che circa 100 milioni di egiziani, per la loro sopravvivenza dipendano dalle acque del Nilo. Il Sudan, inizialmente favorevole all’idea del GERD, come valido aiuto per controllare le inondazioni del Nilo, ora teme che in tempi di siccità e in mancanza di un accordo, l’Etiopia possa tagliare il flusso d’acqua verso le proprie dighe idroelettriche per mantenere il serbatoio del GERD pieno e chiede, coesa con L’Egitto, una mediazione più ampia che coinvolga sia l’Unione Africana che gli Stati Uniti e l’Unione Europea con il compito di elaborare una formula per decidere quanta acqua l’Etiopia deve rilasciare, soprattutto in condizioni di siccità. Nonostante gli accordi mancati e le continue tensioni geopolitiche tra i tre paesi, l’Etiopia, con una economia in crescita ma povera di risorse, interessata all’effettuazione del progetto, ha iniziato il lunghissimo processo di riempimento del gigantesco serbatoio della diga, che richiederà dai 5 i 15 anni a seconda delle condizioni idrologiche, e ha fatto sapere di volersi tenere un margine di libertà per gestire al massimo l’interesse per lo sviluppo del proprio paese. Una volta terminata, la costruzione prevista secondo fonti ufficiali  per il 2023, avrà una lunghezza di 18 chilometri e una profondità di 155 metri, con una capienza di circa 74 milioni di metri cubi d’acqua. Attualmente lo stato dei lavori è arrivato a circa l’80%.

Il primo Ministro etiope Abiy Ahmed Ali ha giustificato l’inizio di attivazione del progetto dichiarando che il suo Paese è il maggior investitore e ribadendo, non a caso in vista delle elezioni del prossimo 5 giugno, che non darà concessioni. Per gli etiopi, la diga è un simbolo della loro rinascita economica. Un progetto destinato ad essere il più grande impianto idroelettrico dell’Africa, con un potenziale a pieno regime di 6.45 gigawatt, capace di illuminare milioni di case la dove adesso solo il 25% della popolazione ha accesso, e portare anche grandi introiti dalla vendita di elettricità ai paesi vicini confermando l’Etiopia come una crescente potenza africana.

Egitto e Sudan, hanno fatto sapere che non possono accettare l’inizio dell’operatività della GERD senza un accordo su tutti i punti ancora aperti. L’iniziativa dell’Etiopia rappresenta una minaccia diretta per il funzionamento della diga di Rosseires, sul Nilo Azzurro ad Ad-Damazin, e di conseguenza per tutti i progetti di irrigazione mettendo a rischio la sopravvivenza di 20 milioni di persone in Sudan.

Visto le insanabili controversie e il rischio di un possibile conflitto armato, c’è grande attesa per le nuove mosse della Casa Bianca dove la passata amministrazione Trump aveva mediato senza ottenere successo congelando per conseguenza gli aiuti all’Etiopia. Il nuovo presidente Joe Biden pare disponibile a rinnovare l’impegno per un negoziato e lo stesso Putin ha recentemente provato ad organizzare un meeting incontrando però molte difficoltà. La ricerca di una soluzione pare venga anche dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi che si interessano della questione affermando che «la sicurezza idrica di Sudan ed Egitto riguarda l’intera famiglia araba».

[di Federico Mels Colloredo]

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