L’acciaieria ex Ilva di Taranto non deve chiudere. Questa l’idea del ministro alla Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, colui che doveva essere la bandiera di quello che il premier Mario Draghi aveva definito «governo ecologista», con il compito di coniugare sviluppo economico e tutela ambientale. Il ministero ha depositato una memoria al Consiglio di Stato che il 13 maggio prossimo dovrà decidere se confermare o meno lo stop alle attività produttive dello stabilimento ex Ilva, deciso da una sentenza del Tar di Lecce il 13 febbraio scorso per far fronte a quella che viene definita una «situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini». Il ministero si dice fortemente contrario alla sentenza, definita ideologica, con cui il Tribunale di Lecce aveva deciso lo spegnimento degli impianti – entro 60 giorni – perché responsabile del forte degrado ambientale che i cittadini di Taranto subiscono da anni di emissioni nocive.
Attraverso l’Avvocatura dello Stato il ministero a guida Cingolani, sorto con l’idea precisa di passare ad una economia sostenibile basata sulle questioni ecologiche, sostiene che il Tar di Lecce si sia espresso con valutazioni superficiali e ideologiche, piuttosto che giuridiche, senza un approfondimento tecnico. Secondo il ministero non deve essere il TAR a pronunciarsi ma una sentenza di un processo penale, che stabilisca se le emissioni siano dannose oppure no.
All’inizio di quest’anno, la magistratura aveva per la prima volta associato la morte del piccolo Lorenzo Zanatta, avvenuta nel 2014, alle sostanze inquinanti prodotte dall’impianto siderurgico. Dopo anni di tavoli istituzionali, studi scientifici e report vari che mostrano il fortissimo impatto sull’ambiente e la salute dei cittadini di Taranto, con incidenza tumorale molto superiore alla media nazionale, sembra che si torni a fare passi indietro e che lo si faccia con chi invece doveva portare l’intero paese a fare dei grandi passi in avanti nelle questioni di carattere ecologico, e non solo.
[di Michele Manfrin]
Questo è un tema di grande complessità. Scegliere tra lavoro e salute. Uno stabilimento come quello, conta migliaia di lavoratori, diretti ed indiretti, e la sua chiusura avrebbe un impatto devastante sulla economia cittadina già compromessa. Non si può chiudere un mostro come Arcelor Mittal dall’oggi al domani senza un piano che garantisca un futuro alle migliaia di lavoratori che perderebbero il lavoro.
se mai dovessero chiudere, basta che garantiscano i posti di lavoro per gli operai…ma non penso succederà per il momento