Da quando si è iniziato a leggere le notizie principalmente tramite i social media, il giornalismo ha subito un crollo repentino e uno sconvolgimento nel suo modello di business. I grandi tramiti, Google e Facebook, sono diventati dei partner obbligati per le testate giornalistiche. Senza di loro, quasi nessuno raggiungerebbe gli articoli. Questo cambiamento è stato particolarmente deleterio per i giornali locali, quelli meno conosciuti e, soprattutto, per i media “alternativi.” La tendenza è infatti all’accentramento. Tra il 2004 e il 2019, negli Stati Uniti un giornale su quattro ha chiuso i battenti.
Le testate hanno provato ripetutamente a farsi pagare per i contenuti e anche i governi hanno provato ad adottare politiche più severe, capaci di regolamentare almeno parzialmente un commercio così intangibile come quello delle notizie sui social media. Un caso esemplare è stato l’Australia. A fare le conquiste più significative però sono stati Google e Facebook.
L’iniziativa Facebook News, recentemente, ha contribuito al processo di concentrazione canalizzando enormi risorse finanziarie verso i soliti sospetti: New York Times, Washington Post, Wall Street Journal e pochi altri. Lo scopo è sovvenzionare le testate più importanti d’America. Facebook paga il New York Times più di 3 milioni di dollari l’anno per pubblicare i link dei loro articoli su Facebook News, un’entrata non indifferente nemmeno per il giornale più importante degli Stati Uniti. Come le altre testate coinvolte nell’iniziativa, il giornale si è di fatto ritrovato schiavo di questi finanziamenti: uscirne è molto complesso.
Questa iniziativa va inserita in un contesto più ampio: già dal 2018 i Big Tech hanno messo le mani sul giornalismo. Praticamente non c’è grande giornale negli Stati Uniti che non riceva dei finanziamenti dalla Silicon Valley. Nel 2020, si trattava di un investimento pari a ben 700 milioni di dollari. Tra i canali attraverso cui si esercita questo controllo: la Google News Initiative e il Facebook Journalism Project, ma anche iniziative di fact-checking. E non solo: finanziamenti per giovani giornalisti emergenti, borse di studio, offerte di stage e somme donate ai più importanti convegni di giornalismo in giro per il globo.
Iniziative come Facebook News, oltre a colpire i giornali piccoli o alternativi, ovviamente minano l’indipendenza dei percettori di questi finanziamenti. È una condizione di opacità, in cui di fatto le testate sono soggette alle decisioni e ai criteri imposi dai Big Tech. Un’altra conseguenza preoccupante è l’omogeneizzazione dell’offerta (mentre il giornalismo dovrebbe fornire più prospettive concorrenti). Sembrerebbe insomma che Facebook e Google stiano cercando di comprarsi i giornali e questo è in primo luogo un problema per la democrazia.
[di Anita Ishaq]
Buongiorno Matteo, le ho scritto su messenger. Spero valuterà quanto espresso. Grazie 👍
Non capisco: sono le testate giornalistiche che pagano Big Tech o è Facebook che paga le testate?
Grazie per la segnalazione! È vero, il passaggio è formulato male: è capitato che i giornali, per avere visibilità sui social media, dovessero fare accordi per loro non sempre convenienti con le piattaforme, ma la novità è che i Big Tech stanno pagando i giornali e allora non si tratta più soltanto di soldi, ma di influenza e opacità. Ho eliminato la frase contraddittoria.
Grazie, ora è chiaro.