Il colosso petrolifero Total rischia di essere coinvolto in un terremoto di proporzioni internazionali per aver finanziato la giunta golpista del Generale Min Aung Hlaing. A rivelare lo scandalo è stato il quotidiano francese Le Monde, svelando come la multinazionale francese avrebbe finanziato i militari che hanno preso il potere in Birmania rendendosi colpevoli di gravissime violazioni dei diritti umani mettendo tra l’altro agli arresti, con futili motivazioni, l’ex Consigliere di Stato del Myanmar e premio Nobel per la pace (1991) Aung San Suu Kyi, ma anche tutti i vertici del suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia.
L’inchiesta di Le Monde si è focalizzata principalmente sulla società Moattama Gas Transportation Company (MGTC), fondata nel 1994 con sede alle Bermuda e proprietaria del gasdotto di Yadana, un giacimento di gas offshore nel mare delle Andamane, di cui Total, con il 31%, è il maggior azionista. Secondo le relazioni dei revisori dei conti, la società francese dichiara un livello di profitti altissimo (98% utile netto al lordo delle imposte), e la multinazionale proprietaria del gasdotto, la MGTC ha registrato, nel 2019, un fatturato di quasi 523 milioni di dollari (433 milioni di euro), per soli 11 milioni di dollari di spese.
Secondo i documenti consultati, il quotidiano transalpino ha riscontrato che l’azienda avrebbe istituito un sistema articolato di ripartizioni finanziarie detraendo i costi di trasporto dai ricavi dei giacimenti di gas. In questo modo è possibile ridurre automaticamente le cifre delle royalties e la parte dei profitti ricevuti dallo Stato birmano per farle affluire direttamente dalle casse dello Stato alla Myanmar Oil and Gas Enterprise (MOGE), una società statale, gestita in modo opaco e controllata dai militari.
Le Monde ha pubblicato anche le testimonianze di alcuni dipendenti birmani del colosso petrolifero francese. Nell’intervista essi riconoscono che, pur non esistendo soluzioni semplici, auspicano che Total smetta di finanziare la giunta e dichiarano che molti lavoratori, per essersi uniti alle proteste contro il golpe, sono stati minacciati e richiamati all’ordine dai loro superiori.
[di Federico Mels Colloredo]