Uno studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista accademica Environment International. A condurlo, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Lo studio si è svolto tra il 2000 e il 2016, in 194 paesi e ha come oggetto gli effetti delle lunghe ore di lavoro sulla salute. Il risultato, forse non sorprendente in sé, è che troppo lavoro ha effetti deleteri sulla salute: vi è un maggior rischio di coronaropatie e infarto per chi lavora più di 55 ore alla settimana rispetto a chi lavora le normali 35-40.
I lunghi orari di lavoro sono una piaga a livello globale: nel 2016, 488 milioni di persone vi sono state esposte. Si tratta dell’8,9% della popolazione mondiale, una percentuale che è andata aumentando negli anni. Tra il 2000 e il 2016, ha registrato un aumento del 29% e ha causato più di 745.000 morti (secondo le stime di OMS e OIL). Le vittime sono soprattutto gli uomini di età tra i 30 e i 35 anni. Nel 3,4% dei casi le cause di decesso sono le coronaropatie, nel 6,9% gli infarti. Secondo lo studio, a mediare tra il lavoro e le patologie sarebbero due fattori possibili: le risposte fisiologiche (l’attività nervosa, la risposta del sistema immunitario, l’aumento nella pressione sanguigna e la fibrillazione atriale) e quelle comportamentali (il fumo, il consumo di alcol, la sedentarietà, i disturbi del sonno, l’adozione di una dieta squilibrata).
Alcune regioni del globo sono più esposte a queste problematiche: l’Europa relativamente poco, probabilmente per la maggiore regolamentazione del lavoro, l’Africa e l’Asia sono invece i continenti più colpiti. Si registra però una diminuzione graduale in Africa e invece un aumento in Asia, soprattutto nella regione più orientale e meridionale. Il Sud-Est asiatico, come anche il Pacifico occidentale, sono più colpiti anche dai decessi: in proporzione, questi sono in numero maggiore rispetto all’Africa.
Lo studio evidenzia che con le crisi tendono ad aumentare anche le ore di lavoro. La pandemia è uno di questi momenti: causa morti non solo dirette, ma anche indirette, soprattutto perché il lavoro da remoto tende a cancellare i confini tra lavoro e vita privata e a favorire quindi un regime sregolato. La soluzione, secondo OMS e OIL, è la diffusa regolamentazione del lavoro, che ponga limiti rigidi al numero di ore di lavoro settimanali per favorire la salute dei cittadini.