Basta carne di allevamento, arriva la carne coltivata. O almeno è quanto fanno pensare i sempre più cospicui investimenti nel settore. Il 2020 è stato infatti l’anno d’ascesa di questo alimento rivoluzionario: i fondi destinati al settore sono moltiplicati di sei volte rispetto al 2019 e sono sorte dozzine di aziende specializzate nella produzione di proteine alternative. È stato Singapore il primo paese al mondo a dare il via alla vendita di carne coltivata, e il feedback dei consumatori è promettente. Il 70% di questi ha dichiarato di apprezzarla anche più della carne vera, e il 90% di poter addirittura fare a meno di quest’ultima. Situazione diversa in Europa, dove i primi ad essere contrari alla carne coltivata sono gli allevatori, i quali temono la chiusura delle proprie imprese. In Italia la contrarietà non deriva solo dall’aspetto economico, ma anche da quello culturale, per via di una concezione diversa di cibo, fattore di gusto e di tradizione, non solo di nutrimento.
Ma che cos’è la carne coltivata? Chiamata anche “clean meat”, carne sintetica o carne in vitro, viene creata in laboratorio tramite le cellule animali le quali, nutrite con sieri di origine vegetale o animale, crescono fino a diventare tessuto muscolare all’interno di bio-reattori. Si tratta di carne vera e propria che, al contrario di quella convenzionale, si ottiene senza macellazione. Un prodotto che, essendo creato in laboratorio, può essere lavorato in modo particolare, tanto che molte realtà specializzate mirano a renderla priva di colesterolo, grassi saturi e antibiotici. I pregi della “clean meat” sono principalmente due: essere più salutare della solita carne e non gravare sull’ambiente. Good Food Institute ha rivelato che, nelle sette settimane necessarie a un allevatore per crescere 20mila polli, un laboratorio di carne potrebbe produrre una quantità di “clean meat” mille volte maggiore, senza il consumo di acqua e le emissioni di gas serra tipici degli allevamenti.
Il difetto principale – forse ancora per poco – di questo alimento è l’elevato costo per via delle componenti animali. A tal proposito, l’azienda europea di tecnologia alimentare Mosa Meat, ha intenzione di eliminarle dal processo nutritivo delle cellule adipose. Scelta che ridurrebbe di 66 volte il costo del grasso che compone la “clean meat”. Così facendo, sarà possibile introdurre il prodotto nel mercato, come vera e propria alternativa competitiva alla carne convenzionale. A quel punto sarà principalmente una questione di gusto: i produttori assicurano che il sapore è molto molto vicino a quello delle carni tradizionali, i consumatori saranno da convincere.
[di Eugenia Greco]