La Royal Dutch Shell, compagnia petrolifera anglo-olandese, dovrà ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai livelli del 2019. È questo il verdetto emesso nella giornata di ieri da un tribunale de L’Aia, sede legale dell’azienda, con il quale è stata ritenuta poco «concreta» la politica sulla sostenibilità della Shell (che aveva stabilito una diminuzione del 20% entro il 2030) ed è stato imposto a quest’ultima di rispettare gli accordi sul clima di Parigi del 2015. La decisione è arrivata in seguito alla denuncia effettuata nel 2019 dall’associazione ambientalista “Milieudefensie”, facente parte della rete internazionale “Friends of the Earth”, e da 17.000 cittadini olandesi: la Shell era stata messa sotto accusa per i danni ambientali derivanti dall’attività di estrazione e lavorazione di fonti fossili, su cui l’azienda investe il 95% del proprio fatturato.
Si tratta di una sentenza storica poiché è la prima volta che una multinazionale viene costretta a rispettare gli accordi di Parigi, i quali prevedono di mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5°. Inoltre, essa rappresenta un precedente che fa tremare tutte le majors del petrolio in quanto riconosce formalmente la loro responsabilità nei confronti della crisi ambientale. A tal proposito Roger Cox, avvocato del gruppo Milieudefensie, ha invitato le organizzazioni di tutto il mondo ad intraprendere azioni legali per costringere le multinazionali ad affrontare l’emergenza climatica. In pratica, a tale verdetto potrebbero fare seguito molte altre sentenze che, al pari di questa, costringeranno le compagnie petrolifere a correre ai ripari.
[di Raffaele De Luca]