Secondo quanto riportato dall’Associated Press, il governo degli Stati Uniti avrebbe recentemente guadagnato circa 110 milioni di dollari rivendendo 2 milioni di barili di petrolio greggio che aveva sequestrato insieme a una nave cisterna al largo delle coste degli Emirati Arabi Uniti, dopo aver affermato che il prodotto era iraniano e stava violando l’embargo. Teheran ha bollato il sequestro come un atto di pirateria internazionale.
Il petrolio in questione proveniva dalla MT Achilleas, una nave che gli Stati Uniti avevano sequestrato a febbraio del 2021 nelle vicinanze della città portuale di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti. Secondo gli USA, il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (dall’amministrazione Trump in poi considerato un’organizzazione terroristica) stava usando la MT Achilleas per vendere petrolio greggio alla Cina. Secondo quanto riportato da Washington, la MT Achilleas era quindi in aperta violazione delle sanzioni imposte sull’Iran nonché della legge anti-terrorismo. L’imbarcazione, dichiarata pericolosa per la sicurezza nazionale, era stata quindi portata in Texas. Qualche mese dopo, il petrolio protagonista della vicenda è stato venduto a buon prezzo.
È dalla fine degli anni ‘80, sotto la presidenza di George Bush, che gli Stati Uniti hanno sospeso ogni importazione di petrolio dall’Iran, allo stesso tempo imponendo al paese severe sanzioni. La situazione si era parzialmente distesa nel 2015, con gli accordi sul nucleare, ma si era poi nuovamente guastata durante il mandato di Trump. Mentre le negoziazioni sul nucleare continuano, gli Stati Uniti non hanno fatto che imporre nuove sanzioni, sia contro il petrolio (in particolare, contro il Ministero del Petrolio, la National Iranian Oil Company e la National Iranian Tanker Company) che contro le banche. In teoria, il senso di queste sanzioni è mettere il regime iraniano alle strette (anche se poi a pagarne le conseguenze sono per lo più i civili). Il settore petrolifero iraniano, secondo Washington, avrebbe sostenuto le guardie della rivoluzione islamica, finanziando attività che gli USA considerano “destabilizzanti.” Tra queste gli americano annoverano anche rapporti commerciali con il Venezuela.
C’è da dire che ottenere petrolio con la scusa delle sanzioni e della lotta al terrorismo per poi rivenderlo è qualcosa che gli Stati Uniti sembrano aver già fatto in precedenza. Nell’estate del 2020, la Siria, in particolar modo, aveva accusato il paese di aver rubato il suo petrolio. Gli USA, apparentemente, avevano messo le mani su delle riserve di petrolio siriane per “difenderle” da presunte minacce terroristiche. Il petrolio in questione non era stato consegnato al governo siriano. Oltretutto, era emerso che gli Stati Uniti avevano stretto accordi in proposito con dei ribelli curdi. In passato, il presidente Trump aveva descritto l’intera presenza militare americana in Siria come motivata dal petrolio.
[di Anita Ishaq]