Solitamente quando sentiamo parlare di controllo sociale implementato dall’utilizzo di sistemi di sorveglianza elettronica viene citata la Cina. Eppure anche in Occidente i sistemi di controllo tecnologico sono utilizzati e sembrano costituire un serio problema. Amnesty International ha lanciato da New York la campagna globale Ban the Scan. «Il riconoscimento facciale rischia di essere armato dalle forze dell’ordine contro le comunità emarginate di tutto il mondo. Da Nuova Delhi a New York, questa tecnologia invasiva rivolta le nostre identità contro di noi e mina i diritti umani», si legge nel rapporto redatto dalla Ong, circa la sorveglianza di massa.
New York is in danger of becoming a total surveillance city.
Today @amnesty revealed that the NYPD can feed images from 15,280 cameras in Manhattan, Brooklyn, and the Bronx alone into discriminatory facial recognition software.https://t.co/wa0iGbp39R pic.twitter.com/Y7j1kXAg4p
— Amnesty International USA (@amnestyusa) June 3, 2021
A New York, Amnesty ha unito le forze con vari movimenti e associazioni: AI for the People, Surveillance Technologies Oversight Project, Immigrant Defence Project, New York Civil Liberties Union, Privacy NYCoalition, Rada Studios, nonché con il New York City Public Advocate’s office e con il senatore statale Brad Hoylman. La campagna mira a vietare l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale per la sorveglianza di massa da parte delle forze dell’ordine.
La tecnologia di riconoscimento facciale utilizza milioni di immagini prese dai profili dei social media e dalle patenti di guida, senza il consenso delle persone, e le elabora tramite un software che esegue l’analisi facciale delle immagini catturate dalle telecamere a circuito chiuso per cercare potenziali corrispondenze sul database delle immagini utilizzate. Un algoritmo elabora tutti i dati fornendo il riconoscimento e il tracciamento delle persone. Mentre alcune città degli Stati Uniti – tra cui Boston, Portland e San Francisco, – hanno vietato l’uso della tecnologia facciale da parte delle forze dell’ordine, il Dipartimento di Polizia di New York [NYPD] continua a farne uso e, anzi, sta pensando di implementare, sviluppare ed espandere il sistema di sorveglianza.
Nella Grande Mela vi sono 15.000 telecamere, il più delle quali concentrate in due quartieri: Brooklyn e Bronx, la cui popolazione è composta per il 54,4% da neri, per il 30% ispanici e per l’8,4% da bianchi. L’intenzione è quella di allargare l’occhio vigile dell’autorità anche a quartieri come Queens e Staten Island. Il sistema di sorveglianza è stato inoltre criticato per la sua scarsa capacità di riconoscere le persone di colore e le donne, causando una serie di errori di identificazione e facendo inoltre notare come il razzismo possa essere trasferito dall’Uomo alla macchina programmata da esso stesso.
Kate Ruane, senior legislative counsel per l’American Civil Liberties Union, ha affermato che «anche se il riconoscimento facciale fosse perfettamente accurato, sarebbe comunque un incubo per le libertà civili». Il governo – ha proseguito Ruane – non ha mai «posseduto uno strumento di sorveglianza pericoloso come la tecnologia di riconoscimento facciale. Questa tecnologia è una minaccia per i diritti costituzionali fondamentali, dando ai governi, alle aziende e agli individui il potere di spiarci ovunque andiamo».
I fatti di Capitol Hill dello scorso 6 gennaio sembrano inoltre aver dato una valida giustificazione al governo federale per l’implementazione massiccia della tecnologia della sorveglianza con un impennata dell’utilizzo dei software di riconoscimento facciale – come Clearview AI – che ha destato grande preoccupazione per la privacy. E in quello che viene definito capitalismo della sorveglianza giocano in ruolo di primo piano i grandi colossi della Silicon Valley che forniscono immagini e tecnologie necessarie al controllo di massa.
[di Michele Manfrin]