Nel marzo del 2019 all’interno del carcere israeliano di Ketziot, situato nel deserto del Negev, 55 detenuti palestinesi (tra cui prigionieri di sicurezza di Hamas) vennero brutalmente picchiati con manganelli nonché presi a calci da almeno una decina di agenti e lasciati per ore ammanettati ed ammassati sul pavimento uno sopra l’altro. È quanto si evince da un filmato recentemente diffuso dal quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui si sarebbe trattato di una vendetta attuata dopo che due guardie furono accoltellate e ferite da un prigioniero palestinese. Le autorità parlarono di «prendere in mano le rivolte», ma le immagini non mostrano ciò, bensì testimoniano dei veri e propri abusi nei confronti dei prigionieri, di cui 15 rimasero feriti. Nonostante ciò, però, successivamente è stato fatto uno sforzo minimo per fare luce sul caso: solo una guardia carceraria è stata indagata e, alla fine, non è stato eseguito alcun arresto ed il caso è stato chiuso. In più, da allora il comandante della prigione è stato promosso al ruolo di comandante distrettuale dell’IPS. (Servizio Carcerario Israeliano).
Eppure si tratta di un caso che avrebbe dovuto provocare un terremoto all’interno dell’IPS e della Procura di Stato, cosa che però non è avvenuta. Anzi, secondo quanto riportato da Haaretz, si è trattato di un «segreto di Pulcinella»: i vertici dell’IPS infatti erano a conoscenza di cosa stesse succedendo ma chiusero un occhio. Ad ogni modo, però, ora che il video è stato reso pubblico ci si aspetta che venga effettuata un’indagine approfondita. Se ciò non avvenisse, infatti, sarebbe indirettamente dimostrato che per lo stato israeliano i prigionieri palestinesi non meritano di essere trattati come esseri umani.
[di Raffaele De Luca]