Nel prossimo luglio saranno passati vent’anni dal G8 di Genova del 2001. In quei giorni, nel capoluogo ligure, si riunirono i potenti della terra in una città blindata e militarizzata. Un fiume di persone si riversò in città da tutte le parti d’Italia e da altre nazioni europee per protestare contro la globalizzazione neoliberista e i suoi già tragici effetti. Assistemmo all’omicidio di Carlo Giuliani, le torture inflitte a Bolzaneto e la brutalità e la ferocia premeditata della scuola Diaz. Lo Stato si è assolto e i vertici allora in carica hanno fatto carriera. Eppure c’è chi, tra i manifestanti, a distanza di vent’anni paga ancora lo scotto per aver protestato contro un sistema che proprio in quei giorni ha mostrato il suo vero volto. Luca Finotti è una di queste persone contro cui la repressione violenta e vendicativa dello Stato si è riversata.
Finotti, oggi 42 anni, è tornato nel carcere di Cremona dopo che gli è stata revocata la possibilità di scontare la propria pena all’interno della comunità “La tenda di Cristo”, cui era entrato nel settembre del 2019. Secondo i responsabili della comunità Finotti avrebbe violato più volte le regole, l’ultima delle quali aver introdotto del tabacco senza autorizzazione.
La pena di Finotti sarà conclusa nel dicembre del 2022, a seguito di una riduzione da parte della Corta d’Appello e successivamente confermata in Cassazione. Finotti era stato condannato in primo grado a 10 anni di carcere con l’accusa di “devastazione e saccheggio” prevista dal Codice Rocco di epoca fascista. Una pena sproposita che venne comminata, in contumacia o meno, anche a molti altri manifestati di quei giorni di Genova del 2001. Severissime sentenze hanno comminato condanne che vanno dagli 8 ai 14 anni di carcere. Alcuni hanno scontato l’intera pena mentre altri sono fuggiti all’estero – soprattutto tra Francia e Svizzera – in attesa di sentenze di estradizione e dell’intervento della Corte d’Appello europea.
[di Michele Manfrin]