Secondo un calcolo della Corte dei Conti, la Pedemontana Veneta potrebbe costare allo Stato 12 miliardi e 108 milioni di euro. Una cifra enorme, lievitata nel corso degli anni, tre volte più grande dei costi stimati per il Ponte sullo Stretto di Messina. Stiamo parlando di una superstrada, concepita inizialmente come autostrada, che a lavori ultimati dovrebbe sfiorare gli appena 95 km di lunghezza. Ad oggi, completata solo al 70%, è già costata oltre 2 miliardi, di cui 935 milioni provenienti dalle casse pubbliche. Il documento della Corte, alla luce di una stima al rialzo (da 3 a 12 miliardi), vuole però vederci chiaro.
L’opera fu inserita nel piano trasporti della Regione Veneto nel 1990. Dopo varie revoche, sequestri e modifiche al progetto preliminare, nel 2006, si arriva al bando di finanziamento del progetto e, nel 2009, all’aggiudicazione della gara. Fino al 2017 la gestione è stata commissariale in mano alla concessionaria privata Consorzio torinese Sis. Poi, è subentrata la Regione. Oltre a un contributo straordinario di 300 milioni di euro, l’amministrazione di Luca Zaia si è ora impegnata a garantire un canone annuo di 153 milioni di euro a favore del Consorzio costruttore. Canone annuo destinato però ad aumentare nel tempo, fino a toccare quota 332 milioni annui al 2059. Per un totale quindi, a termine degli accordati 39 anni – e qui si arriva alla mastodontica stima – di oltre 12 miliardi: più di 100 milioni di euro al chilometro.
La Regione, dal canto suo, avrà il diritto ad incassare i pedaggi. Ma i ricavi derivanti da questi potrebbero essere inferiori, alla luce – evidenziano i magistrati – di una possibile riduzione del 13% del traffico rispetto alle stime iniziali. I giudici contabili chiedono quindi di procedere con la ‘rivalutazione dei profili di economicità e di congruità contrattuale’ dell’opera. Sottolineano, inoltre, incertezze sulla tabella di marcia e sul saldo finanziario. Per quest’ultimo, quello presunto a favore della Regione dovrebbe essere alla fine di 143 milioni di euro. «Ma se nel computo – scrivono i magistrati – si includono i contributi dello Stato pari a 614 milioni, il saldo diviene negativo per 471 milioni». Il risultato? Una media di 12 milioni di soldi pubblici sborsati all’anno.
Cifre colossali per un’infrastruttura di dubbia indispensabilità. I calcoli iniziali, infatti – ha recentemente precisato Laura Puppato, ex sindaca del comune di Montebelluna – stimavano una concentrazione del 76% del traffico in un raggio di percorrenza inferiore ai 30 km. A ‘completare l’opera’, l’estrema lentezza nella progressione dei lavori e varie carenze progettuali. Senza contare i numerosi illeciti ambientali legati al progredire dei cantieri: da una voragine di 25 metri creatasi in una zona protetta, alla strage di uccelli per l’assenza di adesivi ‘antischianto’, passando per migliaia di abitanti soffocati dalle polveri e la realizzazione di una deviazione per evitare di pagare la bonifica di una discarica incontrata lungo il percorso.
[di Simone Valeri]