Tra i soggetti che più profitto stanno traendo dalla crisi economica e sociale legata all’emergenza sanitaria certamente possiamo annoverare le organizzazione mafiose.
Se i traffici criminali, in particolare quello degli stupefacenti, rimangono il fondamento dell’impero economico mafioso, usura, riciclaggio, settore agroalimentare, appalti pubblici e sanità sono le attività dei clan che più stanno lievitando nell’epoca Covid. Le enormi difficoltà delle aziende in alcuni settori chiave come ristorazione, turismo e commercio spalancano la strada ai capitali mafiosi che possono così facilmente essere prestati o ripuliti.
Riferendosi all’ambito romano – ma il discorso si può allargare all’intero contesto nazionale – l’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) specifica come “alla carenza di liquidità in cui molte imprese si verranno a trovare in conseguenza della c.d. “emergenza covid”, vengono pianificate, organizzate e sviluppate autonome attività criminali originatrici di nuove ricchezze illecite da riciclare. Uno shock improvviso e imprevedibile che ha visto corrispondere, al blocco di molte attività economiche sul territorio, il conseguente crollo della domanda di beni e servizi, nazionali ed esteri. Ed è proprio in questo contesto di sostanziale stagnazione, quando i consumi entrano in una spirale di crisi, che le organizzazioni criminali riescono meglio a mimetizzarsi poiché, movimentando il proprio denaro più velocemente, si pongono quali “efficaci” alternative allo Stato nel sussidio ai più bisognosi cercando all’occorrenza di fare “proselitismo criminale” ovvero utilizzando la propria liquidità per inserirsi nei circuiti produttivi legali, inizialmente quale sostegno alle attività”.
Inoltre si sottolinea come “sul complesso e redditizio ambito degli appalti pubblici dovrà quindi concentrarsi l’attenzione delle Istituzioni per fronteggiare il prevedibile rischio di inquinamento criminale”. In particolare il fiuto e l’opportunismo delle organizzazioni criminali si sta focalizzando sul settore sanitario. Sono prevedibili “importanti investimenti criminali nelle società operanti nel ‘ciclo della sanità’, siano esse coinvolte nella produzione di dispositivi medici (mascherine, respiratori, ecc.) nella distribuzione (a partire dalle farmacie, in più occasioni cadute nelle mire delle cosche), nella sanificazione ambientale e nello smaltimento dei rifiuti speciali, prodotti in maniera più consistente a seguito dell’emergenza. Non va, infine, trascurato il fenomeno della contraffazione dei prodotti sanitari e dei farmaci.
Le mafie – la ‘ndrangheta e i clan della camorra in testa – lucrano e si muovono con fluidità all’ombra dell’emergenza Covid, appena sfiorate dall’informazione mainstream che da oltre un anno è quasi interamente assorbita dall’emergenza sanitaria. Inoltre il disorientamento e l’isolamento di parte della popolazione pone le condizioni per un consolidamento del prestigio sociale – fondamento del potere mafioso insieme alla paura – e del controllo del territorio. La clamorosa scarcerazione tra marzo e aprile 2020 di 223 condannati per mafia, tra cui alcuni importanti boss, che avevano beneficiato delle misure di tutela contro il Covid per passare dal carcere agli arresti domiciliari, aveva trasmesso un senso di impunità e strapotere mafioso alla popolazione scossa dal primo lockdown. Il successivo ravvedimento da parte del Ministero della Giustizia, col rientro carcere di 111 uomini dei clan, solo in parte aveva rimediato al danno arrecato.
Molto significativa è stata inoltre la notizia uscita nella primavera dello scorso anno in riferimento alla distribuzione di generi alimentari di prima necessità nel quartiere popolare palermitano dello Zen – da tempo sottoposto ad un rigido controllo mafioso – promossa da Giuseppe Cusimano, fratello del boss Nicolò. L’iniziativa aveva permesso ai Cusimano di presentarsi come benefattori agli occhi degli strati più deboli della società, in gran parte esclusi dagli ammortizzatori messi in campo dallo Stato.
E ora l’attenzione si sposta sul grande affare dei vaccini. Lo dice il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione antimafia. «Sappiamo da tempo che le mafie hanno manifestato grande attenzione al business della sanità. I vaccini potrebbero essere utilizzati al fine di conquistare consenso. Le organizzazioni mafiose mirano a conquistare consenso, vogliono dimostrare di essere più efficaci e credibili dello Stato». I rischi sono ribaditi anche dal Ministero dell’interno che sul proprio sito avvisa: “vaccini anti-covid. Possibili infiltrazioni mafiose nella catena di distribuzione”.
[di Massimo Venieri]