giovedì 21 Novembre 2024

La strana storia di John McAfee e del suo suicidio

Ieri, mercoledì 23 giugno 2021, il settantacinquenne John David McAfee si è tolto la vita in un carcere spagnolo, in risposta alla notizia della sua estradizione. O almeno così sostiene il suo avvocato, Javier Villalba, tuttavia l’esistenza di McAfee si è da sempre mossa a cavallo tra realtà e mitizzazione e molti in Rete lo stanno eleggendo a ultima vittima dei poteri occulti statunitensi. Un martire che, paradossalmente, incarnerebbe allo stesso tempo i valori controculturali di Julian Assange e l’infausto destino del trafficante di minorenni Jeffrey Epstein.

McAfee è stato innegabilmente un personaggio controverso sin dagli albori: reduce da una vita familiare dissestata, si è lanciato nel lavoro, occupando ruoli presso la General Electric, la Siemens, la Lockheed Martin e persino la NASA. L’uomo è però divenuto celebre in tutto il mondo nel 1987, quando ha lanciato l’antivirus commerciale a cui ancora oggi presta il nome.

Dal 1994, ovvero da che ha venduto la sua creatura a Intel, McAfee ha adottato un atteggiamento eccentrico e scenografico, finendo più o meno consapevolmente all’interno di dinamiche torbide e scandalose che lo hanno portato tra le altre a essere accusato da parte del Governo del Belize di omicidio, narcotraffico e istituzione di milizie militari.

Le numerose eccentricità e l’egocentrismo del noto informatico avrebbero infatti fomentato alcuni attriti con il vicino dell’epoca, Greg Faull, il quale avrebbe reagito avvelenandogli i cani. Stando ad alcune ricostruzioni, mai ufficializzate in via definitiva, McAfee avrebbe dunque assoldato un sicario per far torturare e uccidere il dirimpettaio.

Ad avergli garantito l’arresto non sono stati tuttavia i complicati anni passati in Sudamerica, quanto l’evasione delle tasse statunitensi, mancanza aggravata a sua volta dalla presunta manipolazione del mercato delle criptovalute. Accuse peraltro verosimili, visto che lo stesso McAfee ha ammesso rabbiosamente di non pagare le tasse, giudicandole un’imposizione da considerarsi illegale. Quel genere di approccio imprenditoriale del è “moralmente giustificato evadere”, insomma.

Stando al suo legale, l’uomo si sarebbe tolto la vita per il timore – o meglio, la certezza – di dover passare gli ultimi anni della sua esistenza chiuso in una delle famigerate prigioni a stelle e strisce. Una prospettiva che McAfee voleva evitare a ogni costo e che sarebbe la giustificazione del suo atto estremo.

Il condizionale è però d’obbligo, poiché il personaggio ha avuto molteplici occasioni per promuovere la narrazione che lo dipingeva come vittima di persecuzione politica, una persecuzione che sarebbe nata, a suo dire, in concomitanza con il suo essersi presentato nel 2015 come candidato libertariano. Un’ipotesi alternativa potrebbe essere riscontrata nel tentativo dell’imprenditore di spingere Cuba verso le criptovalute, strategia utile a evitare le sanzioni statunitensi.

Molti su internet hanno accolto l’idea che l’uomo sia stato eliminato direttamente dalle autorità, prospettive che sono non poco fomentate dal fatto che McAfee avesse dichiarato sui social la sua volontà di resistere al suicidio in prigione, ovvero che avesse denunciato a priori la sua eventuale morte come una forma di insabbiamento strategico. Non aiuta il fatto che l’ultimo post del suo profilo Instagram, probabilmente postumo, invochi tra le righe le filosofie di QAnon, il dibattuto movimento dell’alt-right USA.

La situazione sarà sicuramente motivo di indagine, ma è difficile credere che le eventuali risposte ufficiali potranno sfatare le teorie alternative che stanno velocemente prendendo piede. Piuttosto vale la pena approfittare della situazione per riflettere su di un dato oggettivo evidenziato anche da Edward Snowden, ovvero che il sistema detentivo statunitense sia motivo di sofferenza per molti e che necessiti di una riforma profonda.

[di Walter Ferri]

 

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