C’era un tempo in cui il Libano si fregiava dell’appellativo di “Svizzera del Medio Oriente”, soprannome guadagnatosi grazie alla prosperità che aveva costruito. Niente è più lontano di questa immagine e la lunga crisi che ha colpito il Paese, ormai da gennaio in stato di emergenza, non fa che peggiorare. Mentre la moneta perde valore e beni essenziali come acqua, medicine e carburante scarseggiano, si intensificano le proteste e cresce la violenza. Tra il sabato 26 e domenica 27 giugno, dieci soldati libanesi e vari manifestanti sono stati uccisi nella città di Tripoli. Altri scontri hanno avuto luogo in varie località del paese. Un nuovo capitolo si è aperto in queste ore: l’esercito libanese è intervenuto in forze nella stessa Tripoli, dopo che alcuni uomini armati hanno aperto il fuoco con armi automatiche, in un atto riportato dai media locali come ” un segno di protesta per le penose condizioni di vita”.
Si tratta della crisi peggiore che il paese mediorientale abbia mai registrato. L’inflazione ha raggiunto livelli senza precendenti. La lira libanese sta registrando una precipitosa svalutazione, perdendo quasi il 90% del suo valore: sabato 26 giugno è arrivata ad un tasso di cambio pari a 18.000 al dollaro nel mercato nero. Mancano internet, elettricità e forniture mediche. L’educazione è diventata pressoché inaccessibile, il che ha intensificato la fuga di cervelli. Il prezzo di cibo e bevande è aumentato del 670% e, conseguentemente, povertà estrema ed insicurezza alimentare sono diventati dilaganti.
Questa situazione senza precedenti va avanti ormai da 18 mesi, a partire dalla tristemente nota esplosione che ad agosto del 2020 devastò il porto di Beirut, portando alla morte di più di 200 persone. Eppure l’aiuto internazionale ha tardato a farsi vedere e anzi gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni sul paese, esempio che l’Unione Europea e la Banca Centrale sembrano voler seguire. Questo nonostante le Nazioni Unite abbiamo dichiarato che almeno 1 milione e mezzo di libanesi sono in stato di necessità. Secondo l’organizzazione, più della metà della popolazione del paese vive oggi in condizioni di povertà, e tra i rifugiati siriani la povertà colpisce addirittura 9 persone su 10. Ovviamente a tutto questo si aggiunge la crisi sanitaria causata dal Covid, che ha ulteriormente aggravato la situazione.
Un tempo, il Libano era un paese eccezionalmente pacifico e libero, una sorta di isola felice nel panorama mediorientale. Negli ultimi anni, il paese è stato devastato da un governo sempre più autoritario e disinteressato alle sofferenze della popolazione, da un’ondata di proteste comuni a tutto il mondo arabo, ma soprattutto dall’indifferenza e ostilità della comunità internazionale.
Gli Stati Uniti hanno imposto durissime sanzioni contro Hezbollah, che come sempre succede hanno colpito più la popolazione che non il regime. L’intento era favorire un cambiamento di governo, possibilmente in linea con gli interessi occidentali, indebolendo la resistenza locale. Come riportato dall’agenzia Reuters, proprio a giugno l’Europa, con la Francia in testa, ha iniziato ad accarezzare idee simili, insistendo che il Libano e solo il Libano è responsabile della sua attuale situazione.
[di Anita Ishaq]