L’Italia si avvia verso il superamento della contenzione meccanica nei confronti dei pazienti psichiatrici. Un provvedimento che entrerebbe in vigore entro il 2023 quello annunciato il 25 giugno dal Ministro della Salute Roberto Speranza alla Seconda Conferenza Nazionale «Per una salute mentale di Comunità». Il titolare del dicastero ha dichiarato che la bozza dello schema di accordo per il superamento della contenzione meccanica nei luoghi di cura della salute mentale è stata approvata dal Tavolo Tecnico sulla salute mentale e inoltrata alla Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.
Ma che cos’è esattamente la contenzione meccanica? Si tratta della pratica usata per impedire o limitare i movimenti volontari di un paziente, allo scopo di evitare danni ad altri o al paziente stesso. Questo presidio di costrizione, realizzato tramite lacci, cinghie, corpetti, polsini, ecc, è impiegato nell’85% dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC).
I mezzi di coercizione meccanica vengono criticati aspramente dalla cultura «no restraint» già dalla prima metà dell’Ottocento, e di recente il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) si è spinto a definire la contenzione come una grave violazione dei diritti fondamentali della persona. Il testo diffuso dal Gabinetto del Ministero della Salute chiarisce che la contenzione non può considerarsi un atto medico in quanto non ha finalità diagnostiche o terapeutiche. Inoltre, il documento si pronuncia senza mezzi termini sugli effetti di questa pratica: essa «produce esiti psicofisici negativi: organi e funzioni possono essere danneggiati direttamente dalla pressione o dal mal posizionamento del mezzo di contenzione. In letteratura sono descritte abrasioni della cute, compressione dei nervi, ischemie di arti e organi. Inoltre l’immobilità può produrre tromboembolia polmonare, piaghe da decubito e uretriti per il ricorso all’uso del catetere quando una persona è legata. Gli esiti infausti arrivano fino alla morte».
Infine, il Ministero fornisce alle Regioni 7 raccomandazioni circa l’attivazione di percorsi e iniziative per monitorare la contenzione meccanica, investire nella formazione di operatori e garantire la qualità dei luoghi di cura. Diversi studi hanno mostrato che i motivi per cui bisognerebbe superare la contenzione meccanica non sono solo etici, ma riguardano innanzitutto aspetti clinici (la relazione terapeutica viene compromessa), di sicurezza (comportamenti conflittuali e autolesionistici rischiano di essere favoriti) e di buon governo dei servizi (aumenta il clima di paura e lo stigma).
L’Unione Europea (all’interno della quale la contenzione è praticata abbastanza omogeneamente) si era pronunciata sulla questione un’ultima volta nel 2017. La relazione della Commissione Europea per la Prevenzione della Tortura e delle Pene o Trattamenti Disumani o Degradanti (CNTP) aveva dato chiare indicazioni riguardo alla necessità di limitare il contenimento fisico: «l’obiettivo definitivo dovrebbe sempre essere la prevenzione dell’uso dei mezzi di contenzione limitandone, per quanto possibile, durata e frequenza». L’istituzione europea riconosce che le restrizioni fisiche non hanno giustificazione terapeutica, esse sono misure di sicurezza che, sebbene possano «rendersi eccezionalmente necessarie per pazienti psichiatrici violenti», devono essere «applicate esclusivamente in extrema ratio». Pur non esistendo una normativa europea chiara e vincolante, già nel 2006 la risoluzione del Parlamento Europeo, nota come Risoluzione Bowis aveva giudicato «che il ricorso alla forza sia controproducente, così come la somministrazione coatta dei farmaci».
Come emerge dal testo del CNB, a determinare il ricorso frequente alla coercizione, più che la gravità del paziente, incidono «la cultura, l’organizzazione dei servizi e l’atteggiamento degli operatori». Dunque, un cambiamento allo stesso tempo culturale e sanitario è assolutamente auspicabile. Tuttavia, altrettanto auspicabile è uno scenario futuro in cui al superamento della contenzione meccanica non si accompagni l’implementazione indiscriminata di altre forme di contenzione, come quelle ambientali (sbarre, porte chiuse a chiave, limitazioni alle visite dei familiari, ecc.) e soprattutto chimiche (sedazioni farmacologiche con il solo scopo di limitare i comportamenti del paziente).
[di Jacopo Pallagrosi]