A nulla è servito l’incontro di questa mattina tra i vertici dell’azienda e il ministero per lo Sviluppo Economico. La multinazionale Whirlpool ha annunciato l’intenzione di procedere al licenziamento collettivo dei 340 lavoratori impiegati nello stabilimento di Napoli. Tre righe scarne e autocelebrative di comunicato, emesse dal dirigente Luigi La Morgia, a rappresentare la scure sul futuro di 340 famiglie: «Dopo lunga riflessione abbiamo deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo. Siamo consapevoli della nostra scelta, siamo il più grande investitore e produttore di elettrodomestici in Italia».
Gli operai hanno già annunciato che si riuniranno in assemblea all’interno della fabbrica nella giornata di oggi per pianificare azioni di lotta in difesa del posto di lavoro. Per ora si appunta la presa di posizione della Fiom-Cgil, sindacato maggioritario all’interno della fabbrica – che per bocca del segretaria nazionale Barbara Tebaldi annuncia: «Richiamiamo l’azienda alle sue responsabilità. L’avvio della procedura di licenziamento interrompe il dialogo. Per quanto ci riguarda se Whirlpool mette in campo azioni offensive, sarà guerra».
Tre i dati interessanti da notare: il primo è che il licenziamento collettivo degli operai di Napoli è stato nei fatti reso possibile dal governo Draghi, che ha annullato il blocco dei licenziamenti approvato dal governo Conte II per far fronte alla pandemia. Il secondo è che la Whirlpool non è affatto una azienda in crisi: i risultati del primo trimestre 2021 sono stati salutati dalla stessa multinazionale statunitense come «un successo». Terzo, i suoi dirigenti, appena due anni fa, raggiunsero un accordo con il governo italiano, ricevendo anche sovvenzioni, per rilanciare lo stabilimento di Napoli con un piano triennale di investimenti. Nuova prova di come sia facile per le grandi aziende ottenere aiuti dallo stato italiano e poi, una volta incassati i soldi, rivedere unilateralmente gli accodi senza che il governo abbia armi per impugnare la decisione.