In Italia, nonostante il blocco di gran parte delle attività dovuto al lockdown, le colate di cemento non rallentano neanche nel 2020 ed hanno ormai impermeabilizzato il 7,11% del territorio nazionale. Precisamente, esse ricoprono quasi 60 chilometri quadrati ed «ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento (erano 160 negli anni ’50)». È quanto si apprende dal nuovo rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), relativo appunto allo scorso anno. Da esso emerge che il nostro paese perde quasi 2 metri quadrati di suolo al secondo e che, nello specifico, il primato per il consumo di suolo maggiore spetta alla Lombardia, con 765 ettari in più in 12 mesi. C’è poi il Veneto (+682 ettari), la Puglia (+493), il Piemonte (+439) ed il Lazio (+431).
Detto ciò, il consumo di suolo si registra anche nei territori a pericolosità sismica, dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato. Inoltre, in quelli a rischio idraulico, la percentuale è maggiore del 9% per quelle a pericolosità media e del 6% per quelle a pericolosità elevata. In tal senso, «il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari del consumo di suolo annuale si sono concentrati all’interno delle aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20 ettari in aree a pericolosità molto elevata e 62 a pericolosità elevata».
Nel documento viene sottolineato anche il rapporto intercorrente tra il consumo di suolo e l’aumento della temperature. Si legge infatti che, a livello nazionale, superano i 2300 gli ettari consumati all’interno delle città e nelle aree produttive (il 46% del totale) negli ultimi 12 mesi, motivo per cui «le nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di 2°C, che possono arrivare anche a 6°C in più rispetto alle aree limitrofe non
urbanizzate».
Per quanto riguarda, invece, la categoria “Transizione ecologica e fotovoltaico”, nella sola regione Sardegna sono stati ricoperti più di un milione di mq di suolo: si tratta del 58% del totale nazionale dell’ultimo anno. Nello specifico, il suolo perso in un anno a causa dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari e «si prevede un aumento al 2030 compreso tra i 200 e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere realizzate su edifici esistenti». Dopo la Sardegna è la Puglia la regione che consuma di più in tal modo: 66 ettari.
Inoltre, «con la logistica l’Italia perde ancora più terreno», poiché anziché riqualificare spazi già edificati sono stati consumati 700 ettari di suolo agricolo nell’arco di 7 anni, e tale cifra è in crescita. Nello specifico, è il Veneto ad aver raggiunto il record di maggiori trasformazioni dovute alla logistica (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95%
negli ultimi 3 anni).
Detto ciò, vengono infine citati anche i danni derivanti da tutto ciò. «Se la velocità di copertura artificiale rimanesse quella di 2 mq al secondo registrata nel 2020 i danni costerebbero cari e non solo in termini economici. Dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli, l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana (che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei nostri territori) e lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio, l’equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di km. In altre parole due milioni di volte il giro della terra».
[di Raffaele De Luca]